L’ Accademia della Crusca definisce il concetto neurodiversita’ come la differenza nel funzionamento
neurologico rispetto a cio’ che e’ considerato tipico o normale .
Le attestazioni del termine risultano essere ancora piuttosto scarse , sia in termini di ricerca con Google sia
per quanto riguarda la carta stampata, ma la recente diffusione dell’ intera famiglia di parole sta lasciando
spazio alla crescita di un certo spessore .Questo gruppo di nuovi termini include l’ autismo, la dislessia , l’
ADHD, la sindrome di Tourette, disgrafia, discalculia, diprassia. Secondo la sociologa Judy Singer(1997) l’
idea di neurodiversita’ cerca di inquadrare tutte queste differenze non come un “ cattivo” o un “ problema”
, ma di percepire modi diversi per comprendere la realta’ . Sebbene le neurodivergenze siano abbastanza
comuni in molti casi venivano diagnostica in eta’ adulta; in alcune persone la diagnosi puo’ aiutare a capire
e comprendere cose o situazioni che prima non venivano comprese , o meglio , non venivano capite su se stessi .
COME CAPIRE SE SI E’ NEURODIVERSI?
I sintomi che s i possono manifestare con alta incidenza sono rappresentati da difficoltà nelle interazioni
sociali e nella comprensione delle norme sociali, problemi di comunicazione, come la difficoltà a
interpretare segnali non verbali o a mantenere il contatto visivo, interessi estremamente intensi e
focalizzati su argomenti specifici. Molte forme di neurodivergenza sono parte innata dello sviluppo e del
funzionamento del cervello. Anche se queste differenze possono non essere riconosciute o diagnosticate
durante l’infanzia, ciò non significa che non fossero presenti e che siano apparse improvvisamente in età
adulta. Anche condizioni neurologiche acquisite, come lesioni cerebrali traumatiche, ictus e malattia di
Alzheimer possono portare alla neurodivergenza.
COME AFFRONTARE LE NEURODIVERSITA’?
Per affrontare queste “difficoltà “è essenziale implementare strategie di supporto efficaci che possono
includere approcci terapeutici come la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che aiuta le persone a
identificare e gestire pensieri e comportamenti negativi. La terapia occupazionale può aiutare a sviluppare
abilità pratiche per affrontare le sfide quotidiane, come la gestione dello stress e delle emozioni.
I percorsi di trattamento per le persone neurodivergenti sono vari e devono essere adattati alle esigenze
specifiche di ciascun individuo. È fondamentale adottare un approccio personalizzato che tenga conto delle
singole difficoltà e dei punti di forza unici di ogni persona.
Tra i vari approcci terapeutici disponibili, la psicoterapia riveste un ruolo fondamentale nel fornire supporto
e strategie pratiche per affrontare le difficoltà quotidiane. Attraverso la consulenza individuale o di gruppo,
le persone neurodivergenti possono esaminare e comprendere meglio le proprie esperienze e sviluppare
abilità per gestire i sintomi e migliorare il benessere psicologico.
In aggiunta alla psicoterapia, la terapia occupazionale può essere preziosa nel fornire strumenti pratici per
affrontare gli ostacoli quotidiani legati all’autonomia, alla comunicazione e alle abilità sociali. Questo tipo di
terapia si concentra sull’apprendimento e lo sviluppo di abilità pratiche per migliorare la qualità della vita e
favorire l’indipendenza.
Secondo Armstrong ( 2015) sembra che vi sia una sostanziale incertezza su quale sia la soglia critica che
permette di definire un comportamento con una base neurologica, come una normale variazione umana o
come segno di patologia .
Secondo Baron-Cohen ( 2009) le persone con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, ad esempio,
sembrano avere punti di forza legati al lavoro con i sistemi informatici (ad esempio, i linguaggi di
programmazione e i sistemi matematici)mentre Mottron( 2011)appoggia l’ idea che riescano ad ottenere
migliori risultati nell’ esecuzione di test logico – matematici.
Wang(2014) supporta la scelta di molte aziende che operano in ambito tecnologico di assumere
persone autistiche per mansioni lavorative che richiedono abilità di organizzazione e di sequenziamento
come la scrittura di manuali informatici, la gestione di database e la ricerca di errori nei codici informatici ;
mentre Paul e- Charlton( 2012) evidenziano che queste abilità possono rivelarsi molto vantaggiose in
lavori che richiedono il pensiero tridimensionale, come l’astrofisica, la biologia molecolare, la genetica e
l’ingegneria.
LE QUALITA’ DELLA PERSONE NEURODIVERSE
Armstrong( 2015) ipotizza che una possibile soluzione potrebbe essere quella di sostituire i termini
“disabilità”, “disturbo” o, peggio, “malattia” con il concetto di “diversità” che permetterebbe di tenere in
considerazione sia i punti di forza che di debolezza, e abbracciando l’idea che queste “variazioni umane”
possono essere vantaggiose in sé e per sé .L’ intuizione della sociologa Judy Singer alla fine del 1990 fu
quella di spostare l’attenzione sui modi atipici di imparare, pensare ed elaborare le informazioni che
caratterizzano queste condizioni invece delle solite definizioni che si soffermano esclusivamente su deficit,
disturbi e menomazioni. La stessa continua ad incoraggiare ,in un’ intervista rilasciata nel 2008, con
espressione in termini positivi, come la biodiversità e la diversità culturale, il suo neologismo
biodivergenza che ha richiamato l’attenzione sul fatto che un funzionamento cerebrale atipico può portare
allo sviluppo di competenze e attitudini insolite.
Con forza venne sostenuto Il termine neurodiverso riferiendolo all’organizzazione strutturale del cervello;
un cervello diverso possiede una struttura cerebrale atipica che implica un modo differente di elaborare le
informazioni, un modo differente che necessariamente non debba essere considerato non patologico.
In questi anni di ricerche la comunita’ scientifica, mossa dall’esigenza di sostenere queste persone nel
corso delle varie tappe di vita, si è soffermata soprattutto sugli aspetti negativi legati a queste condizioni
contribuendo a diffondere l’idea che queste stesse rappresentino una categoria “debole”, bisognosa di
tutele e di sostegno da parte delle istituzioni. Pe r contro grazie alla diffusione di una conoscenza più ampia
e alla presenza di organismi istituzionali queste persone vengono considerate non solo individui da
tutelare, ma soprattutto talenti da non sprecare e da includere come chiave di lettura per un punto di
partenza .
CONCLUSIONI
L’educazione e la formazione sono componenti essenziali nel percorso di trattamento delle persone
neurodivergenti. La necessita’ di offrire supporto educativo personalizzato e programmi di formazione
specializzati può aiutare a colmare le lacune nelle abilità e implementare competenze utili per
l’inserimento sociale e professionale.
L’educazione e la formazione giocano un ruolo cruciale fornendo loro le conoscenze, abilità e le risorse
necessarie per affrontare le sfide quotidiane e raggiungere il loro pieno potenziale. Questi componenti
possono assumere diverse forme e si concentrano su diversi aspetti della vita delle persone .
È essenziale che le persone neurodivergenti e le loro famiglie comprendano appieno le condizioni con cui si
trovano a fare i conti. L’educazione sull’autismo, l’ADHD, la dislessia e altre condizioni fornisce
informazioni approfondite sulle caratteristiche, le difficoltà e le risorse disponibili. Questo aiuta a ridurre l’
impronta associata alla neurodiversità favorendo una maggiore comprensione e accettazione da parte della società.
La formazione su abilità lavorative specifiche, la gestione dello stress sul posto di lavoro e la
sensibilizzazione dei datori sulla neurodiversità crea ambienti di lavoro inclusivi ed eleva queste persone ad
indicatori di valore aggiunto nel tessuto sociale