Varie scuole di pensiero, numerosi settori di ricerca e tutti i soggetti che sono impegnati, a vario titolo, nel campo dell’educazione sostengono ormai da tempo che la pratica sportiva costituisce per i bambini, i ragazzi e i giovani un’opportunità educativa irrinunciabile, che li coinvolge nella loro totalità antropologica, mobilitando, nello stesso tempo, funzioni di tipo cognitivo, emotivo, corporeo, sociale, etico, estetico e comportamentale.
La pratica sportiva come occasione di confronto
Le esperienze calde e di prima mano che l’esperienza sportiva comporta, presentano, quindi, una connotazione più ampia del semplice aspetto abilitativo-prestativo, offrendo orizzonti culturali e valoriali di riferimento che riguardano, nel complesso, le competenze per la vita ed in particolare la capacità di star bene con se stessi e con gli altri.
La pratica sportiva si configura, dunque, come un’attività interumana fondamentale, come uno spazio d’azione etico, che comporta continui confronti: con se stessi, con gli altri e con la natura.
Nelle sue varie espressioni, che possono essere di tipo salutistico, ricreativo, di confronto/competizione individuale o collettiva, di collaborazione/cooperazione all’interno di un gruppo-squadra, l’esperienza sportiva presenta sempre, quindi, un elemento comune ed unificante del contatto e del confronto con l’altro da sé.
In questo senso lo Sport rappresenta una peculiarità particolare e un’occasione privilegiata, che permette al singolo di relazionarsi col mondo e con gli altri, al di là delle differenze dei ruoli imposti dalla società, delle etnie, delle culture di soggetti provenienti da paesi diversi.
Gli uomini che fanno sport a diversi livelli sentono le stesse emozioni : non esistono emozioni di serie A ed emozioni di serie B ; l’emozione del vincitore di una gara olimpica è pari a quella che prova un bambino disabile che per la prima volta supera, con successo, un piccolo ostacolo o quella di un bambino immigrato che, dopo una fase iniziale di isolamento, viene poi accettato dal gruppo.
Inoltre, il rispetto delle regole, il campo e i ruoli attribuiti sono elementi basilari che rendono lo Sport un importante fattore di aggregazione.
La pratica sportiva come strumento di aggregazione
Aggregarsi significa stabilire rapporti interpersonali, significa comunicare, significa dialogare con gli altri, comprese alcune minoranze, come quelle degli immigrati, per esempio, che sono di fatto inseriti nella nostra realtà.
In questo senso lo Sport, che si configura come mezzo di comunicazione universale, costituisce un importante mezzo di integrazione fra le varie culture e si inquadra in un piano più vasto di realizzazione di un società multiculturale.
Attorno alle persone, che un pregiudizio ancora diffuso ci porta a considerare diverse, si incontrano atteggiamenti di diffidenza e di rifiuto che, poi, vengono man mano superati nella circostanza della gara sportiva; valgono come esempio i giochi di squadra, la staffetta 4 X 100 in atletica o altre situazioni ludico-sportive regolamentate, in cui la fisicità e l’energia si trasformano in emozioni ricche di umanità che, oserei dire, si configurano come un vero e proprio scambio di doni.
La vicinanza e il contatto fisico si trasformano e sfociano, quasi per necessità, in un contatto umano carico di affettività, in una relazione/comunicazione interpersonale efficace, basata sul linguaggio non verbale, sull’ accettazione, sulla condivisione, sulla solidarietà e sulla cooperazione.
Gli incontri culturali e le manifestazioni sportive internazionali rappresentano, in questo senso, un momento di incontro e di solidarietà, atto a superare le barriere antropologiche, sociali, etniche, culturali, linguistiche, razziali.
Lo spirito olimpico, con la simbologia dei 5 cerchi, rappresenta, infatti, l’unione tra i 5 continenti e quindi tra le rispettive culture, che vedono come protagonisti atleti, allenatori, dirigenti, spettatori, appartenenti a popoli, culture, costumi, idiomi differenti.
In definitiva, la pratica sportiva, a qualsiasi livello, costituisce una vera e propria palestra e un tirocinio di vita efficace, una “officina humanitatis” che costruisce nei giovani la valenza pedagogica dell’intercultura, che li guida ed aiuta a superare i particolarismi e a concepire la differenza come un valore.
Lo sport come pratica educativa
Lo sport dovrebbe anche rappresentare uno strumento educativo, per combattere le attitudini sociali imperanti a scuola e nel mondo del lavoro, in cui spesso prevalgono un antagonismo esasperato e uno spirito spietato di cinica concorrenza, in netto contrasto con il principio regolativo della vita sportiva.
Purtroppo, in questi ultimi tempi, proprio l’attività sportiva sta subendo deviazioni, inquinamenti, intolleranze, collegate all’esigenza di ottenere facili successesi e performances di qualità, ricorrendo a comportamenti e atteggiamenti censurabili dal punto di vista etico. Gli aspetti mercantili e consumistici, la filosofia dell’avere, prevalgono sulla partecipazione gioiosa e disinteressata e sulla gratuità della pratica.
A questo punto penso che sia necessario disegnare un nuovo modello di Sport, di inaugurare una operazione di alfabetizzazione culturale del fenomeno sportivo, basata sull’etica dell’interazione umana e dell’integrazione, a partire dalla ridefinizione degli ALFABETI DEL CONVIVERE.
È necessario, dunque, partire da quei concetti chiave, cioè, che sono alla base del vivere sociale: l’integrazione, lo scambio, la reciprocità, l’interdipendenza, rivestendoli di nuovo spessore valoriale, di nuovi significati e di vera operatività, in modo che diventino cultura dell’incontro-confronto, del dialogo, della condivisione.
Il ruolo della Scuola
È compito della Scuola e di tutte le Agenzie formative che si interessano di Sport, fare in modo che l’esperienza sportiva e il successo non siano un fine, ma solo un mezzo privilegiato, che agevoli il processo di crescita, maturazione e sviluppo della persona, per renderla capace di leggere il mondo, di conoscere, accettare, apprezzare gli altri da sé, nel loro modo di essere, pensare ed agire.
La Scuola, in particolare, prevede che gli Obiettivi di Apprendimento delle varie discipline, declinati in conoscenze e abilità si trasformino in vere e proprie competenze per la vita (life skills) e siano una preziosa opportunità per lo sviluppo della cittadinanza attiva.
Non sembra esagerato sostenere, a questo punto, che lo Sport, inteso nella sua dimensione educativa, ha la possibilità di garantire una migliore qualità della vita, non solo in termini di ben-essere, ma anche di essere-bene.
La traduzione sul piano applicativo di tale importante enunciazione teorica dipenderà sicuramente dalla capacità, dalla volontà politica e dall’impegno delle strutture educative di affrontare realmente il problema, ma dipenderà anche e soprattutto da una seria riflessione critica sull’argomento, che porti ad assumere, da parte dei soggetti coinvolti nell’attività sportiva e in altri contesti, atteggiamenti positivi di accettazione, di stima e di rispetto degli altri, che siano affettivamente coinvolgenti e socialmente arricchenti.
Mi piace, a questo punto, concludere queste brevi riflessioni citando la frase di uno studente e atleta, il campione mondiale juniores di Canottaggio che, in un Concorso letterario sul tema del fair play (organizzato dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Latina, in collaborazione con il Lions Club e col Panathlon Club di Latina), illustra le fasi significative dalla sua magnifica esperienza sportiva rimarcando, in particolare, il suo personale impegno a considerare i contenuti valoriali dello sport come elementi fondanti per sviluppare la convivenza civile tra le nuove generazioni dei diversi Paesi e soprattutto quella ricchezza umana che spesso si va, purtroppo, perdendo. Questi principi vengono sintetizzati alla fine dell’elaborato nella seguente considerazione, che esalta l’autentica mission educativa dell’attività sportiva e i traguardi di sviluppo ad essa collegati: “è importante che dietro la vittoria ci sia solo e comunque l’uomo”.