NEURODIVERSITA’ E AUTISMO
Essere neurodiversi significa avere un funzionamento del cervello atipico: una persona neurodiversa, quindi, elabora, apprende e si comporta in modo diverso da quello considerato tipico. Judy Singer, scienziata autistica, coniò il termine “neurodiversità” nel 1998, riferendosi ad un significato che percorre una costante evoluzione come parte di un processo dialettico di cambiamento.
Ci sono diverse condizioni, osservate dal punto di vista medico, in cui il cervello umano è neuro-divergente: autismo/sindrome di Asperger, sindrome Down, disturbi specifici dell’apprendimento (soprattutto la dislessia), ADHD, sindrome di Tourette. Tutte queste condizioni, analizzate ampiamente in campo medico/neuropsichiatrico tendono a essere, soprattutto quando si parla di autismo, a essere fortemente medicalizzate.
Certamente nella vita quotidiana, alcune condizioni potrebbero creare difficoltà a livello sociale, avendo come problematiche ritardo mentale (come nella sindrome Down), eccessiva impulsività (come nell’ADHD) o eccessivi tic motori o verbali (come nella sindrome di Tourette). Quando si parla di autismo, se ne parla con termini riferiti all’ambito medico: “soffrire di autismo”, “essere colpiti da autismo”, eccetera. Quando ci si riferisce alle caratteristiche di una persona autistica, si parla di “sintomi” dell’autismo, quasi come se si parlasse dell’autismo come una malattia. In passato ricevere una “diagnosi” di autismo era, per un genitore, fonte di grande preoccupazioni e ansia. La situazione non è cambiata: esiste però, ad oggi, la possibilità di vederla come una risorsa.
AUTISMO: DISABILITA’ O RISORSA?
Quindi l’autismo, è una risorsa o una disabilità? Sicuramente comporta problematiche nell’area della comunicazione, interazione sociale e difficoltà nell’apprendere nuove abilità, e, inoltre, stereotipie e interessi fortemente ristretti. Allora come si può considerarla una risorsa?
Si è portati a pensare che le persone autistiche sviluppino delle straordinarie capacità, come una grande bravura nella matematica, nella musica o nel disegno. Si pensi a alcuni personaggi noti nel mondo della scienza, musica, spettacolo. Non tutti questi personaggi hanno avuto una diagnosi ufficiale, ma lo hanno auto-diagnosticato o si ipotizza (per i loro interessi ristretti) che siano autistici.
Einsten, scienziato e matematico, Charles Darwin, biologo, e ancora Bill Gates, il pittore Michelangelo, Elon Musk, Alan Turing, Bethoween e ancora attori come Antony Hopkins, i registi Tim Burton e Steven Spielberg ne sono la testimonianza. Probabilmente, la genialità e la bravura di questi personaggi ha fatto nascere l’idea che tutte le persone autistiche siano geniali e con grande potenziale, senza contare che non tutte le persone autistiche sono uguali, pur rappresentando una risorsa.
L’obiettivo, quindi, è di parlare a gran voce a insegnanti, genitori, educatori e con l’invito a osservare di quanta diversità ci sia nella neuro-diversità.
COSA SI INTENDE PER DIVERSITA’ NELLA NEURODIVERSITA’?
CARATTERISTICHE E LIVELLI
Si può notare, osservando persone autistiche, che nessuno fra loro ha caratteristiche uguali. Le uniche caratteristiche riguardano la presenza di stereotipie e interessi ristretti, e le problematiche nell’interazione sociale. Le persone autistiche potrebbero richiedere più o meno supporto, in base al livello di “gravità”, la presenza o meno un deficit intellettivo.
I livelli di autismo sono tre e ci aiutano a identificare la gravità dei “sintomi” nel dominio della comunicazione o dei comportamenti/interessi ristretti:
- primo livello: riguarda caratteristiche che con lievi problematiche con richiesta di un supporto minimo;
- secondo livello: si riferisce a problematiche moderatamente gravi che richiedono un supporto più elevato;
- terzo livello: implica problematiche severe come gravi deficit o assenza della comunicazione verbale, interessi molto limitati, ipo o ipersensorialità agli stimoli e frequenza di comportamenti problematici, necessitando quindi di un supporto continuo e le giuste strategie educative.
Attualmente le strategie educative riguardano il metodo ABA (analisi del comportamento applicata) e TEACCH.
Ogni individuo può quindi presentare, a seconda del livello di gravità comportamentale, caratteristiche diverse: presenza o assenza di deficit cognitivi, l’essere verbale o non esserlo, detestare e evitare a tutti i costi il contatto fisico o cercare il contatto fisico in maniera invadente, essere iposensoriale o ipersensoriale (o entrambe le cose a seconda della persona). Tali caratteristiche possono inoltre presentarsi in comorbilità con malattie genetiche come la sindrome di Rett o con i disturbi specifici dell’apprendimento, con l’ADHD o anche con la depressione.
ASSENZA DI DIAGNOSI
I soggetti adulti neurodiversi a cui non è mai stato diagnosticato l’autismo presentano spesso sintomi depressivi. Si è soliti a pensare che l’autismo sia una neurodivergenza che riguardi esclusivamente l’infanzia, dal momento che solitamente viene diagnosticato intorno ai 3 anni. Accede spesso, invece, che dopo una lunga anamnesi si arrivi a diagnosticare l’autismo ad una persona adulta: succede per via del fatto che, essendo una condizione che presenta caratteristiche eterogenee, i segnali dell’autismo non siano presenti o evidenti sin dall’infanzia, ma possano piuttosto caratterizzare un adulto che viene considerato strano o diverso.
Ne sono la testimonianza alcuni influencer su Tik-Tok e Instangram, che hanno fatto delle loro problematiche un contributo per sostenere genitori e caregiver di persone autistiche, facendo dell’autismo una condizione di cui andare fieri. Infatti, da pochi anni, è stata istituita la giornata dell’orgoglio autistico, che è il 18 giugno. Ecco perché è utile parlare di diversità nella neuro-diversità: visto che al mondo, siamo tutti diversi, anche le persone autistiche sono diverse fra di loro, e credere agli stereotipi che ruotano intorno alle persone autistiche, rende difficile spesso il lavoro di genitori, caregiver, insegnanti e educatori.
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