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Anche i magistrati possono essere controllati: la spy story di un giudice, un detective privato e la privacy

Anche i magistrati possono essere controllati: la spy story di un giudice, un detective privato e la privacy

LA STORIA

Un investigatore privato è stato segnalato al Garante Privacy da un magistrato il quale ha presentato un reclamo ai sensi dell’ex articolo 77 del Regolamento (UE) 2016/679, lamentando un presunto trattamento illecito dei propri dati personali. L’uomo, infatti, è venuto a conoscenza di essere stato pedinato, anche attraverso l’uso di un GPS, da un detective privato incaricato dalla sua ex moglie, la quale aveva interesse a verificare il rispetto delle condizioni di separazione. L’ufficio del Garante ha quindi avviato una serie di verifiche e controlli, raccogliendo la lamentela del ricorrente e verificando il comportamento dello 007 privato.

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LE DICHIARAZIONI DEL GIUDICE

Secondo il “target investigativo”, l’investigatore avrebbe installato un GPS sulla sua autovettura al fine di monitorare i suoi spostamenti, ed avrebbe inoltre manomesso il veicolo creando interferenze con la strumentazione di bordo tali da generare un potenziale pericolo per sé e per gli altri automobilisti. L’uomo ha inoltre dichiarato che la sua auto, per ovvie ragioni di ufficio, era sempre ricoverata in luoghi privati ed inaccessibili, ipotizzando quindi una violazione di domicilio da parte dell’investigatore nel momento in cui ha installato il GPS sul mezzo.

LA REPLICA DEL DETECTIVE

L’ufficio del Garante ha pertanto avviato una istruttoria per verificare che l’agenzia investigativa avesse svolto la propria indagine nel rispetto delle vigenti normative di settore, penali ed in materia di privacy. Innanzitutto, è stato accertato che gli investigatori privati hanno rispettato il criterio di minimizzazione di cui all’articolo 5 lettera C del GDPR evitando una raccolta massiva dei dati relativi agli spostamenti dell’uomo. Dagli ulteriori accertamenti è emerso che il GPS è stato utilizzato solo come supporto agli agenti investigativi impiegati nei pedinamenti. Essi hanno potuto localizzare il pedinato nel momento in cui questi era fuori dalla loro visuale. Relativamente alle ipotizzate problematiche di sicurezza, è stato possibile accertare che il dispositivo è stato installato sulla scocca esterna dell’auto per tramite di una calamita, senza quindi alcuna manomissione del veicolo. Allo stesso modo prive di fondamento sono risultate le ipotesi di violazione di domicilio velatamente sostenute dal giudice.

I detective privati, con dovizia di particolari e fotografie, hanno infatti documentato che il GPS è stato installato quando l’autovettura era parcheggiata sulla pubblica via per un periodo di tempo sufficiente ad eseguire le operazioni di installazione, e non quando essa era all’interno di proprietà private come ipotizzato dal ricorrente. Con riferimento, invece, al rispetto dei principi di conservazione e minimizzazione dei dati, al fine della liceità del trattamento dei dati acquisiti tramite GPS, consistenti negli spostamenti del giudice, il Garante ha riscontrato che le coordinate geografiche sono state ricevute via SMS a seguito di specifica interrogazione, trattate solo dal titolare del trattamento, ed esclusivamente per il tempo necessario allo svolgimento della indagine, così come prescritto dalla norma.

ESITO DEL PROVVEDIMENTO

In ragione di quanto precede, all’esito dei suoi accertamenti il Garante ha archiviato il ricorso presentato dal giudice in quanto è chiaramente emerso che l’agenzia investigativa, nella persona del suo titolare, ha rispettato tutte le prescrizioni in materia di tutela dei dati personali previste dal GDPR e dal codice deontologico.

IL PARERE DELL’ESPERTO

Alessandro Marchetti, titolare della AM Investigazioni, primaria agenzia investigativa nel panorama nazionale, e tra i massimi esperti di settore, consultato sul punto ha riferito che “non è certamente credibile che gli apparati GPS possano interferire con le tecnologie delle autovetture ed essere un pericolo. I GPS sono equiparabili ad un dispositivo mobile cellulare – ovvero ad un comune navigatore satellitare installato ormai su molte autovetture – la cui funzione è garantita dal tradizionale sistema GSP/GPRS. Le interrogazioni a mezzo di messaggi SMS restituiscono le coordinate del dispositivo GPS latitudine e longitudine i cui valori, inseriti in qualsiasi browser (ad esempio Google Maps), consentono la visualizzazione della posizione esclusivamente del dispositivo GPS. A fine lavoro è necessario resettare il GPS cancellando tutte le informazioni raccolte e riportandolo alle impostazioni di fabbrica”.

L’utilizzo del GPS in ambito investigativo è previsto, autorizzato e regolamentato dal D.M. 269/10. In termini di riservatezza è necessario non trattare i dati per un periodo di tempo superiore a quello necessario per lo svolgimento dell’investigazione. Durante la stessa l’investigatore privato ha la facoltà di raccogliere qualsiasi dato personale utile al raggiungimento della finalità dell’indagine, ma dovrà poi avere l’accortezza di eliminare tutte le informazioni eccedenti e non pertinenti allo scopo, raccolte anche solo involontariamente. “Questo provvedimento”, prosegue Marchetti, “è la dimostrazione che quando un’agenzia investigativa lavora correttamente e nel rispetto delle regole non vi è nulla da temere. È quindi indispensabile acquisire un incarico scritto; svolgere una attività investigativa finalizzata alla tutela di un diritto in sede giudiziaria; trattare i dati personali per il solo tempo strettamente necessario all’esecuzione dell’investigazione; eliminare qualsiasi dato raccolto che sia eccedente e non pertinente rispetto alla finalità”.