Alla nascita il sorriso è un fatto assolutamente spontaneo, naturale e involontario nel bambino; è stato calcolato che in media un neonato sorride 500 volte al giorno. Si tratta di un fenomeno automatico che nelle prime settimane compare anche durante il sonno ed è generato da cause interne: spesso è il risultato dell’attività cerebrale autonoma del bambino, a volte è una smorfia dettata dalla necessità di digerire, altre volte è un semplice riflesso fisiologico.
Tra le cause esterne, a partire dall’ottavo giorno, la voce umana è il suono che più di ogni altro suscita automaticamente nel piccolo il sorriso. Mamma e papà tendono spesso ad attribuire a questa reazione un significato volontaristico che ancora non ha, ma una cosa è certa: è un’espressione di benessere!
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Il sorriso procura piacere
Come riscontrato in esperimenti, il sorriso del neonato, accompagnato dai gesti che lo caratterizzano come gli angoli della bocca che si muovono verso l’alto, gli occhi che si restringono, la testa che tende a rovesciarsi all’indietro, compare anche in bambini nati ciechi e sordi, provocato da sbuffetti, solletico, giochi coinvolgenti, ma non dai sorrisi o dalla voce dei genitori.
Tale fatto ha portato qualche studioso a chiedersi se questi sorrisi non abbiano una propria funzionalità, a prescindere dal valore comunicativo. Se non sia, cioè, una reazione che, in quanto esperienza di piacere, è utile alla sopravvivenza stessa del bambino.
Il sorriso della mamma e del papà è diverso da quello del neonato: naturalmente può essere spontaneo, ma non è automatico perché ha sempre un significato, cioè una funzione comunicativa. Il sorriso dei grandi è molto meno frequente di quello dei piccoli. In media un adulto sorride 15 volte al giorno e non è semplicemente provocato da sensazioni interne: di solito fa parte di un dialogo, è suscitato e motivato da eventi esterni, dal rapporto con l’altro.
Fin dai primi mesi di vita il bimbo, soprattutto nella relazione con la mamma, impara anche questo tipo di sorriso, dimenticando sempre di più l’altro. Ben presto, così, il sorriso diventa anche per lui un codice, uno strumento di comunicazione e di manipolazione: già a sei settimane, infatti, il bambino scopre che, sorridendo, può ottenere reazioni e oggetti che gli procurano piacere.
Il sorriso richiede reciprocità
E come, per esempio, documentano gli studi su neonati condotti dallo psicanalista Daniel Stern, il neonato impara ad influenzare le risposte dei suoi interlocutori attraverso il sorriso che si fa di volta in volta imbronciato, complice, sornione. Le cause del suo sorriso sono ora di tipo relazionale, esterno; a suscitarlo possono essere una voce, il solletico, una musica divertente; verso i tre mesi anche la vista del volto umano provoca sorrisi, cinguettii.
Ora il piccolo non si limita più a gridare a vanvera, ma attrae l’attenzione di mamma e papà di proposito per comunicare precise necessità; quando vuole ottenere qualcosa sfodera un sorriso ammaliatore ed ecco che la mamma o il papà, che non è certo immune dall’incantesimo, è lì disponibile a esaudire ogni suo desiderio. Naturalmente il piccolo sorride per esprimere gioia ma anche per ottenere coccole ed attenzioni: sì, perché lo abbiamo già detto, il sorriso è contagioso, tanto che gli psicologi parlano proprio di risposta del sorriso.
Esso è la prima forma di comunicazione che il neonato sperimenta; pian piano lo utilizza per prevedere “che aria tira, chi risponde e chi no” come dice il neurologo americano Richard Restack.
Tanto il sorriso quanto il riso richiedono la reciprocità: all’età di sei settimane un bambino risponde ad un sorriso con un sorriso, e quando non gli viene restituito il bambino ne riceve un messaggio poco rassicurante, perché il sorriso, da piccoli come da grandi, crea contatto, conforto, calore, sconfigge la solitudine. Tra le sei e le otto settimane , nel secondo mese di vita, arriva il sorriso cosiddetto sociale, quello cioè consapevole, che viene emesso per esprimere un’emozione o un sentimento precisi.
Il sorriso trasmette spensieratezza ed allegria
Il periodo dell’infanzia è magico: si è quasi sempre al settimo cielo, ogni giorno si impara qualcosa di nuovo e non si smette mai di giocare e ridere a crepapelle. Ma la cosa più bella è che ogni azione è accompagnata da un sorriso, capace di trasmettere spensieratezza ed allegria a chiunque stia vicino alla fonte di tanta gioia. Un sorriso che noi adulti ammiriamo moltissimo perché sembra racchiudere in sé il segreto vero della felicità che in tanti hanno cercato di carpire per vivere appieno la propria vita, esattamente come fa un bambino che si gode ogni momento del presente.
Il suono di una risata di un bambino è talmente sincero e spontaneo che non può che essere amato ed è talmente cercato da tutti che ognuno di noi ha sicuramente provato a far divertire un bambino piccolo, soltanto per ricevere in cambio una piccola risata o un sorriso. Quando si è il destinatario di uno dei sorrisi di un bambino, si è assolutamente coinvolti in questa piccola magia, in grado di smuovere anche gli animi più freddi. Ricordatevi le parole di Papa Benedetto XVI: “Non spegnete mai il sorriso dei bambini”.