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Psicomotricità o Educazione Motoria? Due parametri a confronto

Psicomotricità o Educazione Motoria? Due parametri a confronto

IL SIGNIFICATO DELLA PSICOMOTRICITÀ

Col termine psicomotricità, che costituisce la base dell’educazione psicomotoria, si indicano alcune attività variamente articolate mirate a favorire, attraverso il movimento, la reciproca integrazione delle funzioni psichiche con quelle motorie.

Esse vengono proposte ai bambini come offerta didattico-educativa, sia a livello scolastico che a livello extrascolastico. In alcuni casi vengono utilizzate come forma di recupero per quegli alunni che presentano problemi di comportamento o difficoltà di apprendimento. A tal fine, sono state definite alcune particolari aree d’intervento, gestite da figure professionali di esperti in questo specifico settore, quali i psicomotricisti e i neuropsicomotricisti. I loro ambiti di intervento spaziano da quelli educativi-preventivi a quelli terapeutici.

Cerchiamo allora di chiarire, in forma sintetica, qual è il significato e il ruolo della psicomotricità. È diventato un vero e proprio fenomeno che da circa quant’anni sta via via assumendo vari orientamenti e impostazioni, data la sua ampia diffusione.

ORIGINI DELLA PSICOMOTRICITÀ

Il termine ”psicomotricità” è derivato dal collegamento del duplice termine, che include la psiche, riferibile alla parte interna e quindi non tangibile e non biologica dell’essere umano, e la motricità, che indica l’azione visibile del movimento compiuto dal corpo o da alcune sue parti.

La psicomotricità nasce e si sviluppa in Francia per poi espandersi in altri paesi, compresa l’Italia (anni ’70 – ’74). Il suo sviluppo rappresenta il tentativo di centrare il processo educativo attraverso l’unificazione degli aspetti psicologici e motori della personalità, secondo la teoria elaborata da Henri Wallon (1879-1962) negli anni Trenta/Quaranta. Un altro contributo teorico è offerto da Jean Piaget (1879-1980), il quale, pur non occupandosi direttamente di educazione al movimento, sostiene che lo sviluppo dell’intelligenza non dipende da una sua struttura preformata, ma è dovuto all’esplorazione del mondo che il bambino realizza attraverso l’azione motoria concreta, nei suoi rapporti dinamici con la realtà esterna.

Rifacendosi anche a tale principio, il valore dell’educazione psicomotoria è promosso e sostenuto dalla scuola francese, secondo la quale non si può educare l’aspetto motorio in un bambino separandolo da quello mentale. Si rafforza dunque il convincimento che non si deve svolgere un’azione che interessi unicamente la sfera fisica e mobilitando solo gli aspetti morfologico-funzionali, ma che attivi in modo armonico funzioni educative polivalenti che investono la totalità antropologica della persona. Diversi autori hanno sostenuto questo tipo di approccio pedagogico e sviluppato diverse teorie, utilizzando denominazioni specifiche sulla disciplina. Ricordiamo ad esempio Pierre Vayer- 1921-2001 (psicomotricità), Jean Le Boulch – 1924-2001 (psicocinesi), André La Pierre – 1923-2008 (psicomotricità relazionale) ed altri. Tali teorie innovative hanno avuto forti ripercussioni a livello educativo, con la conseguenza di rimettere anche in discussione il tradizionale concetto di Educazione Fisica.

PSICOMOTRICITÀ E INTERVENTI “ARTIFICIALI”

A questo proposito c’è da rilevare che l’indirizzo psicomotricista, nella pratica, è andato col tempo assumendo la forma di un intervento specialistico realizzato in contesti particolari, in una sorta di laboratorio, costituito da “aulette scolastiche di psicomotricità” o da luoghi e spazi specialistici extrascolastici, in cui si realizzava una sorta di motricità artificiale, come ad esempio quella che prevede una serie di movimenti segmentati e analitici davanti a uno specchio. Tale artificialità di fatto determina, in qualche modo, una sorta di frantumazione del corpo.

Ne deriva, perciò, la constatazione che i bambini, con questo tipo di attività studiata e analizzata nei minimi particolari, perdono il gusto e il piacere di sperimentare una motricità spontanea, calda e di prima mano, per ridurla ad una proposta basata su “interventi analitici e vivisezionanti” che sottraggono loro “l’allegrezza motoria“, la motivazione e la libertà espressiva di attività ludiche dirette e personalmente vissute che, notoriamente, hanno il vantaggio di essere accattivanti, coinvolgenti e, quindi, emotivamente intense e motivanti.

PSICOMOTRICITÀ E CAPACITÀ MOTORIE CONDIZIONALI

Un altro limite che presenta la psicomotricità e, conseguentemente, l’educazione psico-motoria, riguarda la mancata attenzione allo sviluppo di capacità motorie condizionali. Queste prevedono un importante impegno muscolare energicizzante (brillantezza ed esplosività del gesto) che mobilita abilità fisiche come la rapidità, la resistenza e la forza. Tali qualità comportano un significativo dispendio energetico e che sono sempre presenti nelle attività ludico-motorie dei bambini.

Queste riflessioni non comportano l’assunzione di un atteggiamento critico della scuola psico-motoria, che ha portato una ventata innovativa, orientata verso la didattica dell’educazione unitaria attraverso il movimento. Hanno piuttosto lo scopo di sottolineare che la sua traduzione, sul piano educativo, ha subito delle evidenti deformazioni e limitazioni rispetto al suo intento originario, assumendo, sempre più, un chiaro indirizzo di intervento terapeutico e riparativo. È il caso, infine, di rimarcare che, a livello istituzionale (nei Programmi Ministeriali e nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo), forse per l’inadeguatezza dell’attuale indirizzo, non è presente alcun riferimento specifico al settore dell’Educazione Psicomotoria.

IL RUOLO E LE FUNZIONI DELL’EDUCAZIONE MOTORIA

Bisogna, allora, affermare il principio che non è necessario, nel campo della motricità umana, studiare modelli teorici e interventi particolari, spesso freddi e medicalizzati. È necessario piuttosto creare, in modo intenzionale, le giuste condizioni naturali che facilitino lo sviluppo delle capacità motorie dei bambini, e di fare questo non all’interno di ambienti speciali e artificiali, ma in uno spazio educativo stimolante. Ciò creerebbe un clima psicologico elastico che si configura come una “palestra di libertà” in grado di stimolare il coinvolgimento attivo dei bambini, in modo tale che possano essere protagonisti del loro processo di crescita, maturazione e sviluppo. Attraverso il movimento si realizzerebbe, di conseguenza, un loro modo personale di essere, pensare, sentire ed agire: in definitiva, un loro progetto di vita.

Sulla base di tale premessa appare opportuno rinunciare ad usare il termine “educazione psicomotoria” per sostituirlo col semplice termine, più appropriato, di “educazione motoria”, il quale contiene, già in sé, il coinvolgimento della totalità delle funzioni vitali del bambino. Tali funzioni, infatti, che investono in modo dinamico l’area cognitiva, l’area comunicativo-espressiva, l’area abilitativo-prestativa, l’area igienico-salutistica, l’area emotiva e socio-comportamentale, determinano positive ricadute sul piano:

  • della conoscenza e gestione corretta del proprio corpo;
  • dell’incremento di capacità e abilità;
  • dei rapporti interattivi col mondo circostante.

Le interazioni funzionali sopra indicate assumono, nel contesto educativo, una particolare rilevanza. Nel loro lento ma progressivo sviluppo, dal punto di vista biologico e psicologico, interagiscono fra loro in modo così netto e sistematico che la maturità delle une condiziona la maturità delle altre. Infatti, uno scarso sviluppo delle funzioni intellettive incide negativamente sulle funzioni affettivo-emotive, su quelle sociali, su quelle motorie. Così, una immaturità delle funzioni motorie, a sua volta, svolge un’azione frenante sullo sviluppo delle funzioni intellettive, delle funzioni affettivo-emotive e delle funzioni sociali.

LO PSICOMOTRICISTA A SCUOLA

Se ne deduce, come affermano Mayer e G.P. Crayg, che l’educatore deve curare le potenzialità di ogni singolo alunno e che “tutto l’apprendimento può essere aiutato per mezzo di un’educazione motoria a misura di bambino, fondata preminentemente sulla motricità naturale e ludica”. Tenendo presente che tutte le funzioni sopra indicate, collegate con l’educazione motoria, presentano in ogni singolo alunno ritmi di sviluppo diversi, è necessario che l’educatore progetti e realizzi metodologie d’intervento personalizzato che siano comunque finalizzate al completo sviluppo delle sue singole potenzialità, senza escluderne alcuna.

Nell’ambito del nuovo sistema di istruzione ed educazione, la disciplina centrata sull’educazione al movimento, del movimento e col movimento, viene definita con denominazioni diverse, rapportate a tutti gli ordini di scuola, pur mantenendo i invariati i suoi nuclei fondanti. Le indicazioni Nazionali vigenti offrono, pertanto, la seguente declinazione della Disciplina, riferita a tutto il percorso scolastico:

  • Corpo e movimento nella Scuola dell’Infanzia;
  • Educazione Fisica nella Scuola Primaria e nella Scuola Secondaria di Primo Grado;
  • Scienze Motorie e Sportive nella Scuola Secondaria di Secondo Grado.

Leggi anche: L’Educazione Motoria nella nuova Scuola dell’Infanzia: il Corpo e il Movimento (parte 1)