A 40 km ad est di Roma e a circa 2 km dalla cittadina di Vicovaro, è possibile visitare un sito rupestre unico nel suo genere e ancora poco conosciuto e studiato: gli Eremi Benedettini di Vicovaro.
Si tratta di un complesso di grotte naturali e artificiali nate dal processo di erosione delle pareti rocciose che il corso del fiume Aniene ha prodotto nel suo scorrere per secoli in questa profonda valle compresa tra i monti Tiburtini e Lucretili.
La sommità della rupe è dominata dall’antico convento di San Cosimato, situato in una suggestiva posizione a strapiombo sulla valle dell’Aniene. Il luogo non è solo un’oasi di pace, ma anche un ambiente interessante da un punto di vista naturalistico, artistico e religioso
Il nome con il quale oggi è conosciuto lo si deve alla breve permanenza di San Benedetto da Norcia e ad un particolare episodio legato alla sua vita.
La presenza di San Benedetto a Vicovaro
Fin dal 400 d.C. queste cavità naturali cominciarono ad essere frequentate da piccoli gruppi di anàcoreti, cioè eremiti dediti alla preghiera e al distacco dalle cose terrene, che le scelsero attirati dalla natura selvaggia e dall’atmosfera mistica e solitaria che ben si adattava alla loro scelta di vita.
La piccola comunità era nata spontaneamente ma senza una regola e ben presto la vita dei monaci cominciò ad essere minata da tentazioni terrene, tanto da indurre alcuni di loro a mettersi in cammino per cercare una guida.
Nella valle si era diffusa la fama di santità di un giovane San Benedetto che si era ritirato in preghiera a poca distanza da lì, presso Subiaco, così i monaci decisero di raggiungerlo per chiedergli di riorganizzare la piccola comunità. Dopo molta insistenza San Benedetto acconsentì e passò con loro circa tre anni, non riuscendo però a far accettare la sua visione di vita monastica fondata su rigore, lavoro e preghiera, tanto che i monaci iniziarono a manifestare malcontento e insofferenza fino a pianificarne la sua eliminazione fisica.
Quando tentarono di avvelenare San Benedetto
Il curioso episodio ci viene raccontato da San Gregorio Magno nel secondo Libro dei suoi Dialoghi, dedicato proprio alla biografia del Santo.
Egli narra che un giorno venne offerto a San Benedetto vino miscelato con veleno e nel momento in cui alzò la mano per benedire la brocca facendo il segno della croce, il vaso si frantumò, come colpito da una pietra. Il Santo comprese immediatamente il significato di quando accaduto e, mantenendo “… la mitezza del volto e la tranquillità della mente…” perdonò i monaci, invitandoli a trovare un’altra guida più compatibile con la loro mentalità. Tornò quindi nel suo ritiro di Subiaco, dove rimase per circa 30 anni trovando terreno fertile per la sua regola, fondò numerosi monasteri e gettò le basi per la nascita dell’ordine benedettino.
La comunità di Vicovaro continuò comunque ad esistere, tra alterne fortune, ma le grotte rimasero sempre legate nel tempo al ricordo del passaggio del Santo.
Gli Eremi Benedettini di Vicovaro
Le antiche grotte si possono visitare scendendo una scala posta sul lato della facciata della chiesa del convento di San Cosimato.
Dopo la prima discesa, si scorge un’ampia grotta naturale, che fu in parte destinata ad ossario e successivamente murata, subito dopo si apre una cappella rupestre dedicata a San Michele Arcangelo. E’ qui che secondo la tradizione sarebbe avvenuto il tentato avvelenamento di San Benedetto. La cappella custodisce un inaspettato e suggestivo ambiente affrescato.
Eremi benedettini: gli affreschi
Gli affreschi sono attribuiti al pittore Antonio Rosati (1636-1683) pittore locale e chierico a cui vengono attribuiti anche gli affreschi della soprastante chiesa di San Cosimato. I dipinti, di buona fattura, non sono in ottime condizioni ma abbastanza leggibili: sulla destra la rappresentazione del tentato avvelenamento di San Benedetto; a sinistra S. Francesco che tenta di convertire il Sultano; al centro, nella nicchia absidale, una Madonna in trono con il Bambino tra gli Arcangeli Raffaele e Gabriele. Gli episodi della vita di San Francesco e San Benedetto fanno riferimento alle due fasi principali della vita di tutto il complesso religioso: le origini, con la presenza di San Benedetto e la fase di rinascita alla metà del 1600, quando sia il convento che gli Eremi Benedettini vennero affidati in custodia all’Ordine Francescano.
Eremi benedettini: le grotte
La passeggiata prosegue con la visita al secondo gruppo di grotte che si aprono più in basso e alle quali si arriva scendendo ripide scalette scavate nella roccia e corrose dai secoli. Qui in un suggestivo susseguirsi di piccole rientranze, nicchie e grotte utilizzate dagli eremiti prima e dai frati francescani poi, si arriva alla cosiddetta cappella di San Benedetto, la grotta in cui il Santo avrebbe vissuto in preghiera nei suoi tre anni di permanenza. Il vano principale è sorretto da un suggestivo pilone naturale, al suo interno due altari, aggiunti nel periodo francescano. Quello più grande è arricchito da un affresco sempre dipinto dal Rosati nel 1683, che rappresenta nuovamente San Francesco e San Benedetto in adorazione.
Da qui, in fondo alla valle, tra la fitta vegetazione, si può scorgere il corso dell’Aniene, nel punto in cui le due rive sono più vicine e dove era possibile guadare il fiume. Il paesaggio, intatto e suggestivo, merita una sosta per ammirare le rocce carsiche lavorate dall’acqua e dai secoli, gli alberi che si aggrappano alle fessure rocciose e l’acqua che scorre in fondo alla gola prima di essere incanalata nella diga che la conduce verso Roma.
Per saperne di più
Il sito divenne famoso tra la fine del ‘700 e la metà dell’800, quando la Valle dell’Aniene veniva attraversata da viaggiatori e artisti che si recavano nella città eterna e che, colpiti dalla bellezza selvaggia di questo luogo, lo riprodussero in numerosi disegni e quadri giunti fino a noi.
La rupe ci offre anche un’altra sorpresa: attraverso una piccola apertura nella roccia, nascosta tra gli alberi, è possibile percorrere un cunicolo di circa 200 metri, che altro non è che un tratto dell’antico acquedotto romano voluto dall’imperatore Claudio, uno dei tanti che approvvigionava Roma di acqua. Il tratto praticabile è un percorso breve ma affascinante. Camminare in un cunicolo ad altezza uomo, sentire la temperatura pungente dell’aria e toccare il cocciopesto che ancora riveste le pareti sulle quali l’acqua scorreva copiosa, è un’esperienza unica che completa questo affascinante percorso tra misticismo, arte, natura e storia.
(www.vicovaroturismo.it)
In tempi recenti l’antico convento di San Cosimato è stato trasformato in struttura ricettiva, ma gli Eremi benedettini di Vicovaro e l’acquedotto romano sono visitabili accompagnati da una guida locale disponibile direttamente in loco, mentre la chiesa di San Cosimato è aperta tutte le domeniche ed officiata ancora dai frati francescani. L’escursione è sicura, la discesa piuttosto ripida ma non richiede attrezzature particolari, solo un buon paio di scarpe da ginnastica. per una vera immersione nella storia. (www.oasifrancescana.it)