Dal latino communis = agere, che appartiene a tutti, mettere in comune, far partecipare. Con il termine “comunicazione” si intende quel processo che consiste nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra un sistema (animale, uomo, macchina ecc.) e un altro della stessa natura o di natura diversa.
È grazie al linguaggio verbale che ci relazioniamo con gli altri, interpretiamo e capiamo il mondo. Ma le forme di comunicazione sono tante. Pensiamo alla comunicazione non verbale e al linguaggio naturale del nostro corpo. Spesso senza parole riusciamo ad esprimere e comunicare molto di più.
Per approfondire:
Corso MIUR Online – La Comunicazione Non Verbale per l’insegnante efficace
Corso Online: La comunicazione non verbale
Qual’è l’elemento costitutivo e primario della comunicazione non verbale?
La risposta è il gesto che si svolge prevalentemente mediante l’uso di movimenti del capo e di altre parti del corpo, espressioni del volto, di orientazione…
Il linguaggio può essere anche para-verbale, in questo caso si focalizza sul modo in cui noi parliamo, tenendo conto di alcuni parametri come:
- la voce;
- il tono;
- il timbro;
- e il ritmo, attraverso cui si completa il linguaggio verbale, comunicando stati emotivi e atteggiamenti.
Noi italiani siamo conosciuti in tutto il mondo per il modo in cui accompagniamo alle parole, una vivace gestualità. Molti dei gesti alla base della comunicazione e che utilizziamo quotidianamente sono uguali in tutto il mondo e sembrano perciò innati: le persone sorridono se sono felici e si accigliano se invece sono tristi o arrabbiate.
I gesti possono essere azioni intenzionali e comunicare volontariamente uno specifico significato, e proprio quelli intenzionali costituiscono la parte più ampia della categoria del comportamento gestuale. Vi sono poi quelli spontanei e involontari, legati alle emozioni, che seppur a prima vista sembrano privi di comunicazione, rappresentano tuttavia segni percettibili e molto importanti per i destinatari del messaggio.
La comunicazione gestuale è, forse, la forma di espressione più antica, quella ideata dall’uomo che, prima ancora di scoprire il linguaggio verbale, ha trovato in esso un modo per entrare in contatto con i propri simili. Ma attenzione al modo in cui utilizziamo i gesti e ricordiamo – per evitare situazioni imbarazzanti o brutte figure nel luogo che ci ospita, ad esempio durante le vacanze – che una volta usciti dal nostro Paese a cambiare non è solo la lingua ma anche la percezione e l’uso della gestualità. Talvolta un semplice atteggiamento che per noi indica cordialità, può risultare offensivo nella cultura di destinazione diversa dalla nostra.
Vediamo insieme alcuni tra i gesti più comuni
Mostrare il palmo con le dita aperte può essere un gesto di saluto da noi ma in Grecia è estremamente offensivo. Il gesto greco ha origini antiche che risalgono al codice penale dell’Impero Bizantino, usato per schernire i criminali o i condannati.
Il pollice rivolto verso l’alto nella nostra cultura ha un significato positivo ma se siamo in Thailandia meglio non usarlo. È un gesto infantile e maleducato, equivale a mostrare la lingua!
Accarezzare un bimbo sulla testa è un gesto affettuoso per noi. Nella cultura buddista nella testa risiede lo spirito della persona dunque è sacro e non va toccato.
Il gesto che in certe culture si usa per dire “OK” in Francia significa “zero” o ancora incrociare indice e medio è segno di scaramanzia ma in Vietnam è considerato estremamente offensivo.
ATTENZIONE: mentre i gesti hanno un significato iconico e non rispettano regole fonologiche e grammaticali, sono utilizzati nella comunicazione per dare enfasi al discorso e non fanno parte di un sistema linguistico. Al contrario i segni, invece, sono simili alle parole e hanno una realtà linguistica, sono dotati di un proprio significato e hanno regole sintattiche precise. In questo caso ricordiamo la lingua dei segni.