L’immagine è tremula. Il casco si inclina prima a sinistra poi, dopo pochi istanti, giusto il tempo di percorrere a velocità vertiginosa un rettilineo, a destra. È la seconda curva. Il rombo del motore… non è un rombo, più un sibilo, sottile, tagliente, ma pieno di energia. La telecamera, installata alle spalle del pilota di Formula 1, permette di seguire ogni piccolo dettaglio di un’avventura incredibile: una competizione automobilistica.
Così, oggi, siamo abituati a vedere la formazione legata alle professioni: ad altissima velocità.
In effetti la fruizione del sapere, grazie alla digitalizzazione in continua evoluzione, cambia sempre più rapidamente e, soprattutto, si rende disponibile in misura crescente.
Inoltre, il cambiamento ed un maggiore dinamismo sono ormai presenti in molte professioni. Tutto questo probabilmente non può essere fermato, tuttavia, volendo continuare con la metafora automobilistica, spesso ci si dimentica che il pilota attuale di F1 non può più essere il “romantico” Tazio Nuvolari, di cui cantava Lucio Dalla, perché le vetture si sono radicalmente evolute. Oggi il pilota deve essere preparato atleticamente, mentalmente, avere obiettivi precisi e, nello stesso tempo, raggiungibili e, quindi, conoscere i propri limiti.
Esattamente questo: come professionisti, che si operi nella salutogenesi, nel sociale o nel benessere, è utile ponderare come dedicare il proprio tempo al proprio aggiornamento.
Non siamo multitasking
Un libro del celebre psicologo Daniel Goleman, “Focus. Perché fare attenzione ci rende migliori e più felici”, richiama l’attenzione proprio su qualcosa che, ancora oggi, la cultura della produzione sottovaluta: noi non siamo fatti per svolgere più lavori contemporaneamente, se non in situazioni molto rare e particolari.
Non è un caso, peraltro, che la meditazione, il Training Autogeno, la mindfulness si fondino su attività di “focalizzazione” su una specifica dimensione.
Questo ci fa credere -grande preoccupazione di chi svolge una libera professione- che siamo meno efficienti. Tutt’altro. Dimentichiamo che se da un lato non siamo fatti per svolgere più attività contemporaneamente, siamo però in grado di pensare in modo sistemico. Cioè siamo in grado di individuare schemi che si presentano in modo coeso e regolare, indipendentemente dal contesto.
Dunque, non serve sollecitare il nostro filtro attentivo, piuttosto creare dei collegamenti. Questo si comprende bene riportando un esempio ripreso dal testo citato di Goleman: “Le epidemie possono essere prese come un esempio della dinamica dei sistemi. Quanto più siamo in grado di pensare in modo sistematico, tanto più riusciamo a ricostruire le tracce della diffusione delle monete, dell’arte, della religione o delle malattie. Comprendere il percorso seguito dalla monete lungo le rotte commerciali è come analizzare la diffusione di un virus”.
Dunque, quando si impiega il proprio tempo esclusivamente ed in modo approfondito ad un argomento, se affrontato attraverso il pensiero sistemico, probabilmente si stanno ponendo delle solide basi per poter apprendere molto rapidamente un altro argomento che sarà affrontato successivamente.
L’importanza dell’attenzione e della concentrazione è approfondita nel corso gratuito online Conoscere il Training Autogeno e nel corso online Mindfulness: Pratica e benefici della meditazione.
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La cara, vecchia curva dell’attenzione
Spesso ci si dimentica che la funzione attentiva, importantissima funzione cognitiva del nostro cervello, è limitata: nell’ampiezza, ovvero nella possibilità di focalizzarsi su diversi oggetti contemporaneamente, e nella durata.
Sarà certamente accaduto a molti di seguire un convegno in cui un relatore monotono, didascalico, incapace di “catturare l’attenzione”.
In queste situazioni si tocca con mano che non siamo fatti per seguire maratone di parole.
Infatti:
- il massimo dell’attenzione si ha dopo 5 minuti
- da 5 minuti fino a circa 15, riusciamo a mantenere lo stesso grado di attenzione
- dopo i 15 minuti comincia a manifestarsi il fenomeno dell’erosione attentiva
- dopo circa 30 minuti complessivi l’attenzione sarà ridotta dell’80%.
Diversi fattori influenzano la curva dell’attenzione: interesse, capacità oratoria del conferenziere, allenamento dell’ascoltatore, nonché anche ambiente e condizioni dell’ascoltatore. Sarebbe piuttosto “insano” partecipare ad una conferenza sul Paradiso di Dante a tarda ora, dopo una giornata di lavoro ed una cena abbondante.
Ecco, quando ci si dedica al proprio aggiornamento, dovrebbe essere importante ricordare che si sta svolgendo un’attività cruciale e non qualcosa che “si deve fare”. Un momento di vero sviluppo professionale, ma anche personale.
Il cono dell’apprendimento
Altro aspetto, importante per il professionista che voglia curare il proprio aggiornamento, è considerare che ci sono diverse “intensità” di apprendimento. Il pedagogista, Edgar Dale negli anni ‘60 formalizzò il suo modello definito il cono dell’apprendimento.
In sostanza, ciò che viene sottolineato in questo modello è che la capacità di “trattenere nel tempo” un apprendimento dipende dal livello di coinvolgimento. Più sperimentiamo un apprendimento, in situazioni diverse, attraverso tutti i sensi, più il nostro apprendimento si consoliderà e perdurerà nel tempo.
Qualche piccolo suggerimento
In chiusura, sulla base di esperienze personali di lavoro e sintetizzando quanto esaminato finora, al di là di obblighi professionali, sarebbe utile che nell’aggiornamento professionale si tenessero in considerazione alcuni semplici (a dirsi) suggerimenti dai quali non discostarsi.
Rivolgersi ad operatori della formazione, che forniscano un costante aggiornamento, in modo da poter scegliere sulla base dei propri bisogni formativi è importante.
Altrettanto importante è che, soprattutto oggi a seguito della digitalizzazione, materiali video, diapositive, video-lezioni ed altro siano sempre disponibili per i professionisti e la possibilità di consultazione non si limiti a poche settimane dopo la frequentazione del corso.
Questo apparentemente marginale dettaglio permette di tornare sui contenuti di apprendimento applicandoli nella vita reale, magari sbagliando, ma apprendendo.
Insomma, tanta formazione, tanto apprendimento, ma non da Formula 1!