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MARIA MONTESSORI: LA PEDAGOGIA DEL FARE

MARIA MONTESSORI: LA PEDAGOGIA DEL FARE

Maria Montessori (1870-1952), è stata tra le figure più interessanti del panorama pedagogico italiano del XX secolo. Ha appassionato molti studiosi in quanto è stata l’artefice della «riscoperta del bambino». Partendo dai bambini subnormali, generalmente tenuti chiusi in stanze senza attenzioni o stimolazioni, ha richiamato un serio rispetto nei confronti dei diritti dell’infanzia. Con le sue opere ha scritto una pagina immortale nella storia dell’educazione, una pagina che s’inscrive nella storia della civiltà umana: in questo senso Maria Montessori ha una ragione per essere considerata oggi una «cittadina del mondo».

In seguito ad una rilettura della sua opera, sono emerse alcune problematiche pedagogiche che hanno dei riflessi nella pedagogia contemporanea come, per esempio, il rapporto ambiente-educazione, l’organizzazione del processo di insegnamento-apprendimento, l’uso di procedure, di tecniche e di materiali inerenti all’intervento pedagogico vero e proprio.

E’ interessante notare come la ricerca scientifica moderna abbia fatto proprie le intuizioni della Montessori, arricchendosi di particolari che sono scaturiti dalle numerose ricerche svolte sul campo. In questo lavoro sono stati evidenziati in modo particolare i criteri pedagogici su cui la pedagogia montessoriana si è basata, gli obiettivi che si è posta, gli strumenti e le tecniche che sono state utilizzate, le indicazioni che sono state tratte in vista di un reale rinnovamento delle metodiche d’intervento. Questi elementi concorrono a delineare il quadro dell’attualità della pedagogia montessoriana. 

Con l’opera e con le iniziative di Maria Montessori l’Italia si colloca a pieno titolo nella grande linea del movimento attivista europeo: la risonanza e il successo, soprattutto a livello internazionale, degli studi, delle sperimentazioni e del metodo Montessori, fanno sì che l’opera complessiva della studiosa italiana venga considerata come uno dei capisaldi dell’intero attivismo novecentesco. Va detto subito che la particolarità dell’approccio della Montessori è dovuta in primo luogo alla sua netta impronta scientifica.

·       Positivismo come movimento culturale.

Il complesso movimento culturale che si è soliti definire con il termine di Positivismo si sviluppò a partire dai primi decenni del XIX sec. in Francia, in Inghilterra, in Germania e infine anche in Italia, riflettendo e intrecciandosi con i processi di modernizzazione che stavano trasformando in modo radicale la vita produttiva e sociale.

Si trattò di un’epoca complessivamente pacifica sul piano dei conflitti militari e segnata da importanti scoperte in campo scientifico e tecnologico che determinarono un forte rinnovamento e incremento della produzione, dall’ampliamento dei mercati e il potenziamento dei trasporti, dal moltiplicarsi del fenomeno dell’urbanesimo, dai progressi in campo medico che debellarono antichi flagelli e migliorarono le condizioni di vita specie dei ceti popolari.

Questi importanti mutamenti socio-economici si accompagnarono alla definitiva affermazione della borghesia imprenditoriale sia sul piano politico sia sul piano del costume e dei valori.

​​ Sotto il profilo teorico​​ alcuni tratti di fondo comuni consentono l’identificazione del Positivismo come movimento culturale. Il primo carattere è rappresentato dal primato assegnato al «fatto» inteso come unica esperienza verificabile: ciò che è, è ciò che appare come osservabile.

La realtà non è che un tessuto di fatti, cioè di accadimenti verificabili. Ne consegue che il modello di conoscenza sperimentale basato sulla capacità di previsione secondo leggi scientifiche costituisce il modello positivo di tutto il sapere (non solo, dunque, delle scienze naturali, ma valido anche per lo studio dell’individuo e della società).

Si profila così la possibilità di una nuova era storica e di una nuova società organizzata secondo il modello scientifico-sperimentale concepito come alternativo e, dunque, incompatibile con altri modelli culturali e sociali di tipo, per es., religioso o metafisico (Saint-Simon, Comte).

Il secondo tratto caratteristico è dato dalla concezione evolutiva a base naturalistica dei fenomeni umani e sociali. La storia dell’uomo e della società non sarebbe che un ininterrotto processo evolutivo che è via via passato da forme di vita e di organizzazione sociale più semplici a forme via via sempre più complesse (Spencer, Darwin).

L’età positivistica è pervasa da un ottimismo generalizzato che scaturisce dalla convinzione di un progresso inarrestabile (talvolta pensato come frutto dell’ingegnosità umana, talaltra come necessità automatica) verso condizioni di benessere diffuso in una società pacifica e percorsa dal principio della solidarietà. Salvo qualche eccezione (per es. Stuart Mill), il Positivismo è dunque segnato da una fiducia spesso acritica, sbrigativa e superficiale.

·       Il positivismo come movimento pedagogico

Nel Positivismo  si coglie un forte interesse per l’educazione e la pedagogia e molti dei suoi più autorevoli esponenti si occupano di tematiche formative (Spencer, Durkheim, Bain, Ardigò). La pedagogia è concepita come scienza sociale per eccellenza ed è reputata come una delle forme scientifiche della trasformazione sociale nella misura in cui essa sa ristrutturarsi in senso positivo e sperimentale.

La scuola, a sua volta, è considerata in maniera strettamente funzionale con l’organizzazione della società ed è perciò vista come lo strumento attraverso cui è possibile promuovere i processi di modernizzazione sia sul piano della mentalità individuale sia a livello di comportamenti collettivi.

L’analisi pedagogica non si svolge tuttavia in quelle forme lineari che l’adozione del metodo sperimentale e i protagonisti stessi potrebbero far ritenere, ma si articola sul piano teorico in forme alquanto complesse, oscillando tra tendenze dogmatiche e istanze critiche.

Anche in sede pedagogica si registrano due linee di sviluppo della pedagogia positivistica: una linea dogmatica in cui prevale l’identificazione della scientificità con la scienza evolutiva, intesa come unico criterio di verità, con la congruente riproposizione di una nuova metafisica al posto di quella che si voleva combattere (per quanto riguarda l’Italia all’interno di questo orizzonte culturale si collocano autori come Ardigò, Angiulli, De Dominicis, Siciliani).

Un’altra linea di sviluppo privilegia invece il metodo critico, la dimensione sperimentale, il confronto con la realtà in vista dello sviluppo dell’uomo e della società e non per la scienza presa per se stessa, con un approccio, dunque, più umanistico e storico (​​ Gabelli, Marchesini, Pasquali,​​  Villari) e meno condizionato da pregiudiziali di tipo ideologico. Gli studi e le ricerche più recenti individuano in questa seconda linea di sviluppo l’esito più significativo e produttivo del Positivismo pedagogico sul piano storico.

·       Il positivismo e la scuola.

Con il testo “Corso di Filosofia positiva” del 1830, Auguste Comte illuminò la strada che condusse l’Europa industrializzata nel Positivismo, un movimento che caratterizzato dalla piena fiducia nei risultati e nel metodo della scienza sperimentale. Il Positivismo influenzò anche l’educazione, che, da fine Ottocento, oltre a dar maggior spazio alle discipline scientifiche, utilizzò il progresso scientifico per migliorare i percorsi educativi. In Inghilterra, ad Abbotsholme, nel 1889, Cecil Reddie, diede inizio al movimento delle Scuole Nuove.

 Le Scuole Nuove furono istituti, rivolti agli adolescenti di estrazione borghese/nobile, spesso sorgevano fuori dalla città in zone rurali, erano fortemente influenzati dal clima positivista dell’epoca e si proponevano di formare un individuo di spicco che rappresentasse una guida nella nuova società positivista.

Questo obiettivo finale veniva raggiunto seguendo una rigorosa disciplina, lo studio di discipline umanistiche e scientifiche, didattica esperienziale e rapporto con la natura. Questi istituti sperimentali sorsero nei principali paesi europei quali Francia, Germania e Italia. In Italia, a causa del dilagante analfabetismo, le Scuole Nuove furono rivolte ad una più ampia fascia della popolazione e proponevano un’educazione di base pur seguendo le medesime innovazioni proposte dalle Scuole Nuove europee.

La cultura positivista manifestò un forte interesse in genere per il problema scolastico. La ragione va ricercata in alcuni dati storici: le trasformazioni tecnologiche e produttive che sollecitavano una manodopera più istruita; la sempre maggiore circolazione della cultura scritta; le spinte emancipative che agitavano, talora in modo disordinato, i ceti popolari;  le resistenze della Chiesa alla modernità laica giudicata come un pericolo per la fede religiosa; il bisogno di stabilità della società borghese impegnata nell’espansionismo coloniale; la legittimazione dei valori borghesi come valori sociali egemoni.

La scuola fu prospettata sia come potente occasione di modernizzazione sia come strumento di socializzazione politica collettiva e, dunque, nel medesimo tempo fattore di progresso, emancipazione e di controllo sociale.

 Maria Montessori uno sguardo diverso sull’infanzia.

Studiando i casi dei bambini selvaggi e con ritardo, la Montessori scoprì la grande serie di distorsioni, errori e pregiudizi gravanti sul concetto e sulle pratiche dell’educazione infantile.

L’approfondimento scientifico di questo campo, era stato per lungo tempo, limitato dal pregiudizio “adultistico”, cioè da presupposto che l’infanzia vada studiata partendo dal punto di vista dell’adulto, il quale rappresenterebbe lo stadio di sviluppo finale da raggiungere. La Montessori rivaluta in maniera innovativa, “l’energia latente in ogni individuo” che si sviluppa secondo modalità autonome e che può essere stimolata ma non generata da interventi didattici.

Bisogna dunque ripensare il senso stesso del processo formativo: autentica educazione è soltanto l’autoeducazione: la pedagogia, la metodologia, il ruolo del personale insegnante, le istituzioni scolastiche nel loro complesso vanno considerati come mezzi preparatori e ausiliari per la realizzazione di un autentico “io” interiore.

È evidente la svolta apportata dalla prospettiva pedagogica montessoriana rispetto ai secoli storici precedenti, caratterizzati da un “misconoscimento” della figura del bambino e dall’incomprensione della sua natura costituita da bisogni, necessità e diritti che devono essere rispettati e riconosciuti.  Qui entra in gioco l’adulto che risulta essere una figura fondamentale per rendere agevole l’inizio della vita del neonato promuovendo lo sviluppo sensoriale e l’apprendimento.

Montessori insiste sul rispetto della natura del bambino e sottolinea che «Le radici di ogni pianta cercano, tra le molte sostanze che il suolo contiene, solo quelle di cui la pianta ha bisogno».  Il “mediatore” del bisogno dell’infante è l’adulto, inteso da Montessori come «maestro d’amore» per indicare il suo intervento educativo come atto d’amore volto a garantire all’infante una libertà sempre maggiore in ogni ambito.

Uno degli elementi più trascurati della psiche dei bambini, secondo la Montessori, è la specificità della loro energia: proprio la repressione di tale impulso originario è all’origine di quei comportamenti difettivi (il rumore, il chiasso e l’iperattività) di cui gli adulti si lamentano.

Si tratta di un’ipotesi non  lontana da quella freudiana sullo sviluppo “censorio” del Super-Io: sull’infanzia sembrano quasi ricadere drammaticamente le insensibilità degli adulti. Si rende necessario un radicale mutamento di prospettiva. Occorre, letteralmente, costruire le condizioni per un mondo “altro” interamente a “misura di bambino”. Per arrivare a ciò, vanno utilizzate in maniera concreta e non soltanto teorico- speculativa le conoscenze sperimentali sulle diverse fasi dello sviluppo psichico e cognitivo dei bambini.

Il punto chiave iniziale sarà pertanto l’allestimento di un ambiente totalmente innovativo: ciò che la Montessori chiamò “Casa dei bambini”, una struttura dotata di un’autonomia istituzionale e educativa- pedagogica, una sorta di micro -istituzione sociale e infantile.

·       L’ambiente educativo: La casa dei bambini

Maria Montessori fondò nel 1907, nel quartiere popolare S. Lorenzo di Roma, la prima «casa dei bambini» rivolgendo il suo impegno educativo ai figli delle famiglie operaie del quartiere. Questa esperienza è legata ad una idea del socialismo umanitario della pedagogista, tesa verso il riscatto del popolo, dell’infanzia e della donna.

La casa dei bambini è considerato uno degli esperimenti più riusciti di educazione nuova, infatti, la pedagogista in linea con quel movimento si allontanò dai metodi tradizionali, ai quali rimproverò «l’autoritarismo» che si manifestava con il prevalere dei programmi e con la esaltazione del ruolo del maestro, privilegiando una metodologia più impostata sulla libertà.

Sostanzialmente Montessori pensò una scuola intesa come una continuazione della esperienza familiare, con un ambiente all’insegna della serenità e dell’accoglienza, infatti, occorreva mettere i bambini nelle condizioni di poter partire da una conoscenza sperimentale.

Complice di questo progetto era la maestra, nel creare un ambiente adatto ai bisogni infantili (senza impartire nozioni, dare ordini, piegare l’animo infantile alla volontà degli adulti), ma ad accogliere questi bambini dando loro la possibilità di «imparare ad imparare», all’interno di una comunità in cui c’è un reciproco rispetto e dove in particolar modo sono rispettati i bambini.

Si può affermare che la caratteristica forse più nota dell’organizzazione della «casa dei bambini» è proprio l’arredamento che doveva essere adatto per i bambini e non per gli adulti, un ambiente «a misura» di bambino e «attivatore di energie»

Per un osservatore esterno, il particolare più evidente è costituito dall’arredamento speciale a «scala ridotta», costituito da mobili leggeri e proporzionati al bambino, in grado di favorirne la massima libertà nei movimenti.

I tavolini, le sedie sono a sua misura, anche le maniglie delle porte e gli interruttori sono di fattura semplice ma, nel rispetto dei bambini, sono costruiti con materiali di buona qualità. Tutto questo si fece per poter facilitare l’osservazione e la comprensione dei bisogni dei più piccoli.

Come punto di riferimento la Montessori utilizzò la casa dei genitori, l’unica che i bambini conoscevano, tra l’altro il luogo dove potevano esprimere più liberamente la loro autonomia. In merito alla necessità di ricostruire nell’aula l’ambiente domestico, ricco di affetti, di spontaneità e di fiducia si trovò in intesa con le idee di Rosa e di Carolina Agazzi.

Nella casa dei bambini, infatti, ricompose un ambiente familiare, ma allo stesso tempo stimolante a tal punto da richiedere nuove mansioni agli insegnanti.  Si prestava una particolare attenzione nei confronti dello sviluppo delle «attività senso-motorie» partendo dagli «esercizi di vita pratica quale: infilare i vestiti, le calze e così via».

La casa dei bambini non è un ricovero passivo, ma è una vera e propria scuola di educazione con una precisa funzione sociale, una funzione che è anche materna. Infatti, ci sono alcuni servizi collettivi come: il bagno, l’ambulatorio, l’infermeria, la cucina, la lavanderia, la macchina da cucire, la sala del doposcuola, tutto questo non può che essere di aiuto alle mamme lavoratrici nelle modeste case di San Lorenzo . L’istituzione delle scuole dell’infanzia così concepite ha rappresentato in Europa un valido esempio di «casa socializzata», dove il bambino impara a rispettare i coetanei e comprende la disciplina, dunque i premi oppure i castighi non potevano e non dovevano far parte della loro vita.

·        L’educazione sensoriale e i materiali strutturati.

In questo ambiente nuovo, teorizzato e allestito a misura di bambino, assume una funzione centrale il materiale didattico, ideato con funzioni esplicite di sviluppo cognitivo. Siamo al cuore della teoria e della prassi montessoriana: poiché la psiche infantile deve essere considerata come un’attività energetica ritmata dalla comparsa e dallo sviluppo di particolari periodi di fertilità cognitiva, detti periodi sensitivi, occorre garantirne lo sviluppo concedendo al bambino la possibilità di autocontrollarsi, nel suo processo di crescita e di auto – educarsi in piena libertà.

L’ambiente va pertanto considerato come la totalità degli oggetti e dei materiali prescelti per stimolare la sensibilità infantile.  Nel metodo montessoriano il bambino concentra la sua attenzione sulle parti elementari dell’oggetto (metodo analitico): attraverso un processo di analisi dovrà pervenire progressivamente alla maturazione cognitiva.

Il materiale comprende principalmente incastri solidi, blocchi, tavole, figure geometriche da seriare secondo criteri diversi (colore, dimensione, altezza, peso, incastro), panni colorati, campanellini da porre in scala secondo l’intensità del colore e del suono; superfici di diversa composizione (ruvide o lisce) da graduare e  classificare.  Il senso di questa svolta strumentale è ancora una volta l’impulso all’educazione della sensibilità. Non è un caso che anche i processi di apprendimento della lettura e della scrittura prevedano la stessa logica di acquisizione:

–       Si comincia a conoscere le lettere dell’alfabeto, riprodotte in dimensioni grandi, seguendone il “profilo” e imparando così a distinguerle;

–       Successivamente arriva a comporre le parole utilizzando alfabeti mobili oppure disegnando le lettere per imitazione;

–       La lettura procede simmetricamente: a lungo preparata dopo aver allestito tutte le precondizioni di potenziamento sensoriali, essa esplode all’improvviso – circa quindi giorni dopo l’esposizione agli stimoli idonei.

L’uso di ciascun materiale è altamente strutturato e le modalità sono quindi particolari e distinte in sequenze. E questo ci porta al ruolo fondamentale svolto nelle Case dei bambini dall’insegnante.

Nel Montessori l’insegnante rappresenta il “trait d’union” tra il bambino e l’ambiente “maestro”.

Per questo egli:

  • prepara, cura e tiene in perfetto ordine l’ambiente;
  • prepara le attività per il lavoro auto-educativo del bambino;
  • “inizia” il singolo bambino all’utilizzo dei materiali di sviluppo;
  • rispetta le sue libere scelte all’interno del contesto organizzato;
  • rispetta tempi e ritmi di apprendimento individuale del singolo bambino;
  • osserva attentamente i bambini e le loro interazioni con gli altri e con l’ambiente;
  • limita l’intervento diretto al necessario e all’essenziale.

La “lezione” in cui l’insegnante presenta il materiale al bambino ha carattere di semplicità e di brevità. Infatti, l’insegnante mostra  al bambino le attività sequenziali e le modalità precise da seguire per usare il materiale da lui scelto.

Poiché è l’uso corretto del materiale a generare la conoscenza specifica, l’insegnante interviene quando il bambino non lo usa correttamente: allora, ripete la “lezione” relativa all’uso corretto e non procede oltre finché non ritiene conseguito l’apprendimento fornito. La perizia raggiunta dal bambino nell’uso di un materiale segnala all’insegnante che è pronto per il prossimo materiale della sequenza, per il quale verrà fornita una nuova “lezione”.

L’importanza che l’insegnante Montessori riconosce all’uso dei materiali non è casuale, ma deriva dal fatto che questi ultimi facilitano la concentrazione, concetto cardine nel Montessori per la sua valenza psicoterapeutica, oggi ampiamente supportata dalla ricerca.

Infatti la Dr. Montessori osservò che il concentrarsi intensamente nell’usare il materiale di sviluppo scelto, o nello svolgere le attività liberamente scelte, faceva entrare il bambino, o rientrare in caso di comportamento deviato, in contatto con il proprio sviluppo psico-fisico “naturale”, con i propri talenti e qualità personali: il risultato da lei registrato era sempre, come si può osservare ancora oggi, uno stato di calma e serenità durante e di soddisfazione e mancanza di stanchezza al termine dell’esercizio o dell’attività.

Quindi il Montessori ritiene che la concentrazione sia fattore primario per lo sviluppo “normale” del bambino  o per la sua normalizzazione in caso di dinamiche deviate.

Per questo motivo nel Montessori non si prevedono, o si cerca attentamente di evitare, interruzioni di qualsiasi genere dei cicli di lavoro in cui vengono organizzate le attività del bambino.
Il movimento finalizzato caratterizza anche tutte le altre aree dell’educazione Montessori che si svolgono al di fuori del perimetro classe e che si ritengono fondamentali nel curriculum, in particolare:

–       giardino

–        orto

–       Teatro

–       Ed. psicomotoria

–       Musica
Fondamentale importanza viene data all’uscita, non solo dalla classe, ma soprattutto dalla scuola, perché i bambini ricevano direttamente dall’ambiente reale stimoli, informazioni e conoscenze che poi rielaborano nelle attività che svolgono in classe.

Nel panorama pedagogico italiano del XX secolo Maria Montessori è stata tra le figure femminili più interessanti. Ha interpretato con cura e perspicacia la figura del bambino, chiarendo il ruolo significativo che l’ambiente riveste nella sua formazione cognitiva ed emotiva e della sua mente «assorbente».

Punto di partenza dei suoi studi è stato Il metodo della pedagogia scientifica (1909), da cui è emerso in maniera evidente che la scienza doveva studiare il processo di formazione della personalità del bambino nella sua interazione sociale. La Montessori, ha rivendicato i diritti dell’infanzia di fronte al mondo degli adulti, evidenziando l’antico errore, dal punto di vista psicologico ed educativo, di far assumere al bambino atteggiamenti e abiti mentali che non siano conformi alla sua natura di bambino.

A tal scopo, la studiosa organizzò il suo l’ambiente educativo, cioè la scuola dell’infanzia, come un luogo ideale in cui il bambino, in piena libertà di azione e opportunamente stimolato, potesse fare le sue esperienze formative. Una rilettura del pensiero di Maria Montessori ha reso possibile alcuni riscontri con problematiche pedagogiche attuali che hanno avuto riflessi nella Pedagogia contemporanea, per esempio, il rapporto tra ambiente e educazione, l’organizzazione del processo di insegnamento-apprendimento, l’uso di procedure, di tecniche e di materiali relativi ad un intervento pedagogico vero e proprio.

Per Approfondire:

AA. VV. (2006). Roma 1907 La prima casa dei bambini di Maria Montessori. Opera Roma: Nazionale Montessori.

GIORGIO CHIOSSO., «La questione scolastica in Italia: l’istruzione popolare», in R. Lill – F. Traniello (Edd.), Il «Kulturkampf» in Italia e nei paesi di lingua tedesca, Bologna, Il Mulino, 1992.

MARIA MONTESSORI, La mente assorbente, Garzanti, 2017.

MARIA MONTESSORI, Il bambino in famiglia, Garzanti, 2018.

SARTORI P. – SCALARI P., Adulto e bambino. Una relazione per crescere. Esperienze e riflessioni sulla prevenzione al disagio minorile, Marsilio, 1991.

DEWEY.J., Esperienza ed educazione, Raffaello Cortina Editore, 2014