Della “bellezza del segno”, di questo ci parla Francesca Biasetton, calligrafa e illustratrice, nel suo libro- La bellezza del segno – Francesca Biasetton; l’autrice dal 2011 è presidente della Associazione Calligrafica Italiana e ha partecipato a moltissimi eventi culturali di editoria.
Dedica un capitolo ad evidenziare come tutto intorno a noi sia scritto, come non ci sia luogo dove non si scorga un cartello, un foglio o un bigliettino; in casa, in ufficio e per la strada. Quando siamo in casa e vogliamo essere sempre aggiornati sul da farsi, post-it ovunque e di ogni colore vivo e sgargiante, sugli specchi, porte e sportelli.
Poi come non citare “Bussare prima di entrare” fuori le porte di moltissimi uffici; infine, per strada e sulle vetrine dei negozi, ad esempio “Saldi fino al 50%”. Ovviamente, è quasi nulla se poi pensiamo all’infinità di scritti che possiamo ammirare e trovare nelle librerie, nelle scuole, senza dubbio, ed infine gli “scrigni” La lettura delle favole: i sacri scrigni dei bambini – che li contengono nelle nostre case.
Proprio nelle librerie, come spiega Francesca Biasetton, trovano spazio degli angoli per chi non sa vivere senza utilizzare fogli, carta e penna, scaffali dedicati all’esposizione di articoli di cartoleria: piccoli e grandi segnalibri, blocchi di varie dimensioni, agende e quaderni per tutti gli appassionati; post-it dai mille colori, le gomme di forme differenti (anche profumate), le matite colorate e quelle classiche.
La nostra autrice poi non dimentica di citare le care penne a sfera sempre molto richieste, nonostante l’”era digitale”: la Big Cristal, l’intramontabile penna a sfera, che continua a mantenere la sua veste classica, come afferma l’autrice:” […] nonostante le numerose varianti immesse sul mercato (anche in oro), sfoggia ancora il suo look originale con quell’aria un po’ vintage “.
LA SCRITTURA COME COSTRUZIONE DI SÈ
La scrittura a mano e quel suo immenso significato, un gesto molto personale che si racchiude tra le cinque dita, che sa esprimere molto su ciò che si è; si prende un tempo tutto privato e “solitario” che fa allontanare dalle frenesie quotidiane per rallentare e creare, si dà vita ai pensieri con foglio e penna o carta e matita, tutto viene inciso e lascia la sua traccia. Proverbio emblematico, a tal proposito, che origina dal latino “Verba volant, scripta manent”: le parole L’amore per le parole e le loro origini – IGEA Notizie dette a voce volano mentre quelle scritte rimangono, documenti che restano, testimonianze intaccabili e intoccabili.
Così scrive Francesca Biasetton: “È attraverso la scrittura che nel corso degli anni, dei secoli, abbiamo registrato i nostri pensieri e i nostri saperi con strumenti diversi, con lettere diverse, su supporti diversi. Attraverso i documenti che sono stati prodotti nel corso del tempo è stato possibile raccogliere informazioni sul nostro passato”. Dunque, quello che vuol ben evidenziare la nostra autrice è la forza del gesto grafico in qualsiasi sua forma, dalla più arcaica fin alla sua più odierna evoluzione, ma comunque lo straordinario valore dei testi antichi e dei manoscritti.
Scrivere, lasciare un segno permette al passato di rivivere e consegna memorie e patrimoni indistruttibili; scrivere cioè Il tempo di riflettere e pensare, perché la scrittura esige questo, la lentezza e la scelta di ciò che si vuol comunicare, non l’istante e l’immediato, non la velocità che occorre talvolta per parlare, per esprimersi a voce. Spesso chi ama scrivere fa parte del mondo degli introversi che sceglie questa modalità di comunicare il proprio sé, attività intima, ricca di concentrazione e di significato, per far scoprire la propria identità e personalità.
LA SCRITTURA FA CRESCERE…
Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, nel suo libro Baciami senza rete – Paolo Crepet | Oscar Mondadori ci parla proprio di identità in evoluzione, di “costruzioni di mondi” attraverso l’uso delle mani (il tatto, i sensi), non solo tramite un device (dispositivo elettronico).
Francesca Biasetton ne riporta, nel suo testo, un passaggio degno di nota:” Se un bambino impara che, con le proprie mani, può costruire il suo mondo […] prende coscienza che esiste qualcosa di insopprimibile, ovvero la misura e la prospettiva della propria identità. Contemporaneamente, costruendolo e difendendolo, realizza le sue capacità, verifica il proprio talento: comincia a capire cosa sa fare da solo, e in questo non inizia soltanto a sagomare la propria autostima, come un intagliatore di legno e balsa, ma a gustare l’ebbrezza della propria crescente capacità di autonomia”.
Eccola, così ben descritta la gioia, fin da piccoli, del contatto con i materiali che si utilizzano per scrivere: i fogli, le carte, le penne e matite; la felicità che si avverte quando si vede quel gesto, il movimento della mano sul foglio, creare e dare vita ad una piccola o grande “opera”, la propria e solo la più profonda parte di sé. Realizzare concretamente ciò che un momento prima era solo nei pensieri, scrivere parole che diventano frasi, poi un tema, una lettera o anche molte lettere, pagine di fogli che poi possono far nascere meravigliosi libri.
L’arte di coltivare lettori: consigli per avvicinare i bambini ai libri – IGEA Notizie
… E SCRIVERE CORRETTAMENTE “SA DI MIRACOLO”
Se la mente, dunque, elabora idee, riflessioni e pensieri, poi attraverso le mani li riproduce su un foglio, la meraviglia dell’arte della scrittura è lì che ci aspetta; il cervello in attività, in continuo processo creativo e carico di sani stimoli cognitivi. Importante allora, come afferma Graziadio Isaia Ascoli, linguista goriziano vissuto nella metà dell’Ottocento, anche arrivare ad essere capaci di “scrivere correttamente”, cioè: “Una cosa che sa di miracolo, una cosa da perigliarvi la vita”.
Scrivere in modo “corretto” include la capacità di leggere, comprendere ed esprimersi, tre cose non di poco conto, come ci dice Paola Mastrocola, vincitrice del premio Campiello con Una barca nel bosco, nel suo libro Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare – Paola Mastrocola – Libro – Guanda – Narratori della Fenice | Feltrinelli. L’autrice descrive infatti il termine orto-grafia, dal greco orthós ovvero grafia “dritta”;spiega come l’ortografia sia implicata con la capacità che ha la mente di “costruire” e di strutturare un pensiero, dando il senso esatto alle parole, per capire le frasi, il testo; riporta poi un esempio, assai chiaro: “Saper scrivere «ce n’è» nel modo giusto (dritto) vuol dire sapere che cosa si scrive, qual è il senso di quelle tre paroline:«il ce, il ne, la è»”. Dunque, si comprende cosa si scrive solo attraverso l’uso di una scrittura: quella “dritta”.