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La tristezza come chiave di svolta, dal dolore alla gioia

Se si pensa alla tristezza, il sentimento da cui tutti forse scappiamo, ci viene in mente una sensazione disagevole. Siamo di malumore e confusi, persi e spesso le giornate uggiose sono “compagne” fedeli, in solitudine anche i rimpianti che riemergono sono dei fattori scatenanti.

Uno stato d’animo triste è complicato da gestire e molto spesso è accompagnato da un gran voglia di fare nulla, senza più scopi o speranza, senza sguardi rivolti a cercare una soluzione. Un umore soggetto a sbalzi è sempre poco incline a vedere cosa e come trovare una via d’uscita, svalutarsi, e rischiare la depressione, è molto facile. Tristezza vuol dire sfogarsi continuamente, anche verso chi colpe non ne ha e magari ci è accanto per darci forza, senza però riuscire nell’ intento.

Poi c’è un’altra descrizione del dolore, e della tristezza che da esso può derivare, la versione di Kahlil Gibran che, con meravigliose parole, riporta nella sua suggestiva opera, Il Profeta, “Il profeta” di Kahlil Gibran: Una profonda riflessione sulla vita e l’umanità – IGEA Notizie (igeacps.it) in più punti del testo: “Il vostro dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza. Come il guscio del frutto deve rompersi, perché il suo cuore possa esporsi al sole, così voi dovete conoscere il dolore”.

E ancora Gibran riesce a rendere meglio l’autentico valore della tristezza: “La vostra gioia è il vostro dolore smascherato. […] Più a fondo si scava il dolore, più gioia potrete contenere. […] Quando siete felici, guardate in fondo al vostro cuore e troverete che solo ciò che vi ha dato dolore ora può darvi gioia”. Dunque, senza dolore e tristezza, come ritrovare la serenità? Un passaggio obbligato e funzionale alla rinascita della nostra gioia; attraversare la tristezza è senza dubbio molto difficile ma necessario, riscoprirsi e capirsi per liberarsi da ogni peso che ci rende tristi e cupi.

La tristezza spiegata ai bambini

Se già noi adulti affrontiamo delle notevoli difficoltà nel convivere con un sentimento triste, i bambini con ancor meno facilità riescono ad elaborare un’emozione così delicata.

Il terapista famigliare Steve Biddulph, nel suo libro Il segreto dei bambini felici – Steve Biddulph – Libro – TEA – Tea pratica | Feltrinelli afferma che già da bambini il dolore può aiutare e i processi chimici, coinvolti durante un momento più o meno triste, liberano  la mente da ciò che addolora, proprio per ritrovare di nuovo il senso del vivere e la gioia.

Un bellissimo film animato, metafora senza dubbio chiara e semplice per far comprendere ai bimbi tutto questo, noto a moltissimi, ha avuto un grandissimo successo al cinema, proprio per essere stato, ad oggi ancora apprezzato da genitori e educatori, un veicolo molto efficace di determinati concetti per i più piccoli: INSIDE OUT.  

Un meraviglioso cartone animato tutto incentrato e focalizzato sul ruolo delle emozioni, della loro importanza e dell’aspetto fondamentale che le contraddistingue nella loro varietà e diversità: la loro libera e necessaria espressione.

L’importanza di esprimere le emozioni: prospettiva neuroscientifica (igeacps.it). Il personaggio chiave e il più educativo è “Tristezza” che, se per tutto il cartone viene messa in un angolo, nascosta per non far soffrire la piccola protagonista, alla fine si rivelerà l’emozione che riuscirà a farle tornare il sorriso.

Doveroso insegnare ai bambini a prendere contatto non solo con le emozioni belle ma anche con quelle che possono sembrare meno, sentimenti che però, come la tristezza, possono aprire il cuore e renderlo più leggero; piangere serve a scaricarsi per non tenere tutto bloccato e serrato nella mente e nel cuore, uno sfogo terapeutico e liberatorio.

Anche la scienza ne dà conferma, come sottolinea Biddulph in alcuni passaggi del suo libro: “Gli scienziati hanno appurato che quando si piange, il corpo libera una sostanza chimica appartenente alla famiglia delle endorfine, la quale inibisce i recettori del dolore e produce una sorta di anestesia in grado di rendere sopportabili anche le più gravi fra le angosce causate dalla perdita di qualcosa. Questa sostanza chimica è presente persino nelle lacrime, è simile alla morfina, ed è altrettanto potente”.

Quano si sfugge dal dolore perdiamo noi stessi

La tristezza non va quindi soffocata, repressa, ma aiutata ad emergere per tornare in equilibrio e sereni; il dolore non va allontanato, ma dunque vissuto per essere elaborato?

Ci spiega bene Anna Lembke, docente di Psichiatria , autrice di articoli e saggi che hanno come tematica centrale la lotta alle dipendenze CORSO ONLINE SULLA DIPENDENZA DA INTERNET nel suo libro L’Era della Dopamina – Anna Lembke – Libro ; come questa era digitale ha portato a fuggire dal dolore ancora di più e  con meno difficoltà, prendendo in mano lo smartphone, perennemente, distratti da qualsiasi forma di disagio o problema ci colga.

Pochissima tolleranza al dolore e alle frustrazioni unita ad un ritmo di vita che della lentezza ormai non ha più nulla. Caos frenetico che fa comodo alle inquietudini, perché porta a non potersi o volersi più fermare a pensare e riflettere, a non godere di un tempo per respirare e ritrovarsi nel profondo.

L’ autrice afferma che oggi tutto è facilmente raggiungibile, con un “clic”: “Nella storia dell’umanità non è mai stato così facile avere accesso alla soddisfazione dei nostri desideri”. Si rifugge dalla noia e da ogni forma di vuoto, attraverso l’utilizzo spasmodico dei dispositivi, con l’ottenimento di frivolo piacere istantaneo e molto veloce: viene stimolata la dopamina, il neurotrasmettitore che veicola il piacere, nella fruizione di questo benessere poco reale, e le conseguenze che stanno emergendo sono sempre più gravi: ansia e depressione in rapida diffusione dai più piccoli ai più grandi. 

Quello che accade quando non si vuole affrontare la tristezza, e ci si nasconde dietro alle dipendenze più disparate, è solamente l’acuirsi di sintomatologie sempre più difficili da combattere, che poi diventano patologie, vere e proprie malattie. Rifuggire dal dolore, in realtà, non fa che allontanarci da noi stessi; via dalla tristezza e dalle afflizioni non vuol dire risolvere i problemi, anzi, tutto si ingigantisce ed è così, dunque, che si sta perdendo proprio il senso del nostro essere e del nostro esistere, nel bene e nel male: umanità, spiritualità e interiorità.