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L’Educazione motoria nei bambini: Crescita e sviluppo

L’Educazione motoria nei bambini: Crescita e sviluppo

Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di un’educazione motoria e sportiva, intesa come servizio formativo, che tutti possono utilizzare, a prescindere dalle capacità, dalle doti personali o dai dati anagrafici, che sia, perciò, inseribile, nel più ampio quadro dello sviluppo civile di tutta la popolazione, superando il modello culturale del passato, che ne aveva limitato il significato e la funzione.

Questa nuova istanza rivaluta la corporeità e le conferisce diritto di cittadinanza nella cittadella della cultura ufficiale e si configura come importante fenomeno di crescita, maturazione e sviluppo di ogni persona, con particolare riferimento alla fascia di età infantile.

Come sostiene Michel Bernard : “La civiltà, che era ancora recentemente una civiltà contro il corpo, sembra trasformarsi in una civiltà del corpo. La cultura negativa del corpo apparentemente si trasforma in una cultura positiva, affermativa del corpo. Il corpo che sembrava non poter essere un valore culturale è diventato un valore-feticcio che penetra tutte le sfere della cultura”. È, infatti, il caso di sottolineare che il corpo è la prima cosa che conosciamo : ci appartiene e, ciononostante, dobbiamo imparare a conoscerlo. Esso rappresenta ciò che permette la nostra esistenza e, tuttavia, non sempre è stato preso in considerazione : infatti, è sempre stato contrapposto al pensiero, il quale è stato studiato prescindendo dal corpo stesso.

Se guardiamo indietro nel tempo, emerge, infatti, in tutta la sua evidenza, la nota dicotonia storica fra corpo e mente, in cui il corpo viene inteso come oggetto fisico, educabile nel campo motorio-sportivo, con sistemi addestrativi, orientati ad allenare la componente performante dell’esercizio fisico. CORPO, MOVIMENTO, SPORT In base a tale impostazione, a livello di avviamento sportivo di base, si è ritenuto, per molto tempo, che fosse necessario, utilizzare il corpo come oggetto da allenare e come macchina di prestazione, già in tenera età.

Per tale motivo, è maturata la convinzione che era utile, anticiparne le capacità prestative, bruciando le tappe, in senso cronologico e lavorare, quindi, sulla specializzazione precoce, utilizzando, per i bambini, carichi di lavoro intensivi e inadeguati per la loro età, sottraendo loro, in questo modo, la gioia e il piacere di giocare e generando, di conseguenza, situazioni di saturazione psicologica del loro vissuto sportivo, con effetti demotivanti e stressanti.

In reazione a questa impostazione culturale, si è contrapposta la tesi opposta della psicomotricità, riferita al movimento come fatto psicologico, in cui l’educazione attraverso il movimento sostituiva l’educazione specifica del movimento, col risultato di penalizzare i processi energetici e vitalizzanti del lavoro muscolare e di avviamento tecnico al gesto sportivo.

Si è, quindi, posto il problema di superate questa forma di dualismo, utilizzando, a livello didattico-educativo, una mediazione delle due opposte impostazioni, che fosse indirizzata ad interpretare il movimento come un’occasione educativa privilegiata, che coinvolge la totalità antropologica della persona, nelle sue funzioni cognitive, emotive, socio-relazionali, abilitative, secondo un concetto unitario in cui la dimensione corporea si coniuga e si armonizza con la dimensione mentale. In questa prospettiva si è andato, man mano sviluppando, una ridefinizione della corporeità, che fa riferimento alle scienze umane : fisiologia, biologia, meccanica muscolare, auxologia, neuropsicologia, pedagogia, antropologia, che ripropone l’intervento educativo, che ci riporta alla unità di funzione.

IL RISPETTO DELLE TAPPE DI APPRENDIMENTO IN CAMPO MOTORIO

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, come principio base dell’insegnamento, si pone l’esigenza che gli insegnanti e gli animatori sportivi tengano conto che non è possibile insegnare e, quindi, apprendere, se non esistono i necessari presupposti neuro-psicologici, affettivi e morfo-funzionali degli allievi. Questo significa che esistono tempi, scadenze evolutive, che non possono essere anticipate, anche se possono essere, invece, agevolate, preparate ad accogliere gli apprendimenti riguardanti l’area motoria e intellettiva.

La gradualità di ogni azione didattico-educativa non è tanto un dettato del buon senso, quanto la verifica pedagogica di quanto, scientificamente, la psicologia ha scoperto. Ne deriva la necessità che l’insegnante debba personalizzare il suo intervento, tenendo conto del bagaglio motorio, già acquisito da ogni singolo alunno e del contesto socio-economico-sociale di provenienza.

Nel caso dei bambini urbanizzati,in particolare, egli deve prendere atto che essi risultano, in gran parte deprivati sul piano senso-motorio: la mancata utilizzazione della palestra naturale, costituita dagli spazi ludici all’aperto (piazze e spazi verdi), le ore interminabili, passate davanti agli strumenti telematici, la realtà esistenziale immersa nel virtuale, la deprivazione ludico-motoria, la mancanza di contatti col mondo fisico, la limitazioni delle relazioni e comunicazioni interpersonali faccia a faccia, con i coetanei, creano, di fatto, una situazione di povertà dal punto di vista delle abilità motorie.

Per questo motivo è indispensabile che l’educatore si adoperi, per recuperare il tempo perduto e per colmare le carenze, peraltro, aggravate dal fenomeno del Covid, i cui danni hanno prodotto, anche, una sorta di analfabetismo di ritorno, che riguarda il corredo motorio e le capacità relazionali dei bambini. In questa situazione, sarà opportuno realizzare interventi motivanti e accattivanti, seguendo le varie tappe personali di sviluppo di ogni bambino, basati non su mappe motorie rigide, ma, prevalentemente, su mappe motorie elastiche, cioè, flessibili e adattabili a situazioni variabili, oppure, quando è necessario, su mappe motorie miste. In ogni caso, le proposte insegnative dovranno essere arricchite di senso ludico ed estremamente variate, in grado di sollecitare, in maniera integrata, lo sviluppo delle capacità motorie di base, in modo tale che siano emotivamente vissute e criticamente valutate dai piccoli allievi.

CONSIDERAZIONI PSICOPEDAGOGICHE SULLE SITUAZIONI DI APPRENDIMENTO

In base agli orizzonti di riferimento sopra esposti ogni insegnante dovrà privilegiare le seguenti modalità operative, suggerite da Alessandro Salvini : a) la valutazione delle potenzialità psico-motorie di base di ogni bambino, con particolare riferimento alle capacità senso-percettive e alle capacità coordinative, b) una didattica intesa a promuovere la facoltà senso-percettivo-motorie, di per sé preliminari all’attività corporea e cognitiva, c) l’interesse emotivo della diade bambino-insegnante in relazione ai contenuti dell’apprendimento, d) una didattica differenziata e progressiva. In ogni caso, sarà sempre il tipo di atteggiamento e lo stile di conduzione dell’attività didattico-educativa dell’educatore, il suo coinvolgimento empatico, a evocare la partecipazione attiva del bambino e a contagiarlo emotivamente nelle varie attività. Come riflessione finale, partendo dalla considerazione che “gli apprendimenti più significati partono prima dal cuore per arrivare alla mente” (Edgard Morin), è bene ribadire che, per tutti i bambini, l’aspetto emotivo, affettivo, fantastico è fondamentale e irrinunciabile in qualsiasi forma di apprendimento. In definitiva, anche e soprattutto, nell’attività motoria, tale aspetto è, quindi, un elemento chiave, perché il corpo, prima di essere strumento per azioni finalizzate, sia considerato, sede di emozioni, di fantasie, di bisogni, di intenzioni e quindi mezzo per la loro espressione.