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Il “sorriso di Glasgow”: una forma di mutilazione  utilizzata tra gang

Il “sorriso di Glasgow”: una forma di mutilazione utilizzata tra gang

Il “sorriso di Glasgow” è un termine colloquiale usato per descrivere una forma di mutilazione facciale che consiste nel tagliare i lati della bocca, partendo dagli angoli delle labbra e andando verso le orecchie, in modo da creare una cicatrice simile a un sorriso esteso.

Origini storiche e geografiche del termine

Il termine “sorriso di Glasgow” ha origini legate, appunto, alla città di Glasgow, in Scozia. Questo, però, non lo rende una pratica circoscritta esclusivamente a questa area. Durante il XIX e l’inizio del XX secolo, Glasgow era una delle città industriali più importanti della Gran Bretagna, con un’economia dominata dalla produzione di ferro, acciaio e dalle industrie navali. Tuttavia, la crescita industriale non fu accompagnata da uno sviluppo urbano adeguato lasciando gran parte della popolazione operaia a vivere in condizioni di sovrappopolazione e povertà.

Le aree urbane di Glasgow divennero quindi famose per le condizioni abitative insalubri, che favorirono un ambiente fertile per la criminalità e la violenza di strada.

Durante il periodo tra le due guerre mondiali, Glasgow guadagnò una reputazione per i suoi alti tassi di violenza urbana. Le famigerate “razor gangs” (ovvero, “bande delle lamette”) erano gruppi criminali che dominavano le strade ed erano spesso impegnate in scontri violenti. Secondo l’analisi storica di Robert Jeffrey nel suo libro Glasgow’s Hard Men (2004), queste gang erano note per l’utilizzo di lame da rasoio come armi, poiché erano facili da nascondere e da utilizzare nei combattimenti ravvicinati.

Il “sorriso di Glasgow” appare proprio in questo contesto. La cicatrice risultante da questa mutilazione non solo deformava il volto della vittima, ma fungeva anche da marchio visibile che spesso isolava socialmente l’individuo. Questo tipo di violenza era particolarmente praticato nei quartieri poveri e tra coloro coinvolti nel crimine organizzato.

James Patrick, con il libro A Glasgow Gang Observed (1973), fornisce un’analisi sociologica della vita delle gang nella Glasgow del dopoguerra. Il crimine organizzato a Glasgow, pur trasformandosi nel tempo, continuò a prosperare anche se le gang si concentrarono su attività più strutturate, come lo spaccio di droga e il racket.

Tuttavia, la violenza rimase una costante, e il “sorriso di Glasgow” continuò a essere una punizione utilizzata per intimidire e garantire il silenzio di chi violava i codici criminali.

È essenziale sottolineare che questa pratica di mutilazione non è mai stata un fenomeno esclusivo di Glasgow. In altre parti del mondo, come nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Australia e in America Latina, vi sono stati casi documentati di mutilazioni facciali simili, spesso legate a gruppi criminali e lotte di potere interne a bande organizzate.

Metodologia utilizzata e impatto fisico

Il “sorriso di Glasgow” viene generalmente inflitto utilizzando un’arma affilata, come un coltello o la lama di un rasoio. L’aggressore taglia gli angoli della bocca della vittima verso l’alto, spesso in un movimento rapido e violento, provocando una ferita che si estende verso le orecchie. Questo tipo di ferita crea una cicatrice permanente che dà l’apparenza di un “sorriso” macabro e deformato.

Le conseguenze fisiche di questo tipo di mutilazione sono devastanti. La vittima può subire danni ai nervi facciali, con conseguente perdita di sensibilità e mobilità nei muscoli della bocca. Questo può influire sulla capacità di mangiare, parlare e persino esprimere emozioni facciali. Le cicatrici visibili sono permanenti e spesso diventano fonte di stigma sociale, causando ulteriore trauma psicologico alla vittima.

Inoltre, la mutilazione può comportare complicazioni mediche significative. Le ferite aperte sono suscettibili a infezioni e, se non vengono trattate immediatamente, possono portare a gravi infezioni o persino a condizioni potenzialmente letali come la setticemia.

Impatto psicologico e sociale

Oltre alle conseguenze fisiche, il “sorriso di Glasgow” lascia anche cicatrici psicologiche profonde. Le vittime di questa forma di violenza affrontano spesso traumi emotivi e difficoltà a reintegrarsi nella società. La deformazione permanente del viso non solo le rende facilmente riconoscibili, ma può anche portare a sentimenti di vergogna, ansia, depressione e isolamento sociale. In molti casi, il trauma emotivo può essere tanto devastante quanto il danno fisico.

Il viso è una parte fondamentale dell’identità di una persona, e subire una mutilazione così visibile può avere un impatto profondo sull’autostima della vittima. L’immagine riflessa nello specchio diventa un promemoria costante dell’evento traumatico subito, rendendo difficile per la vittima superare l’esperienza.

In alcune culture o contesti sociali, la cicatrice può essere vista come un marchio di “punizione” o una forma di stigma, isolando ulteriormente la persona mutilata. Questo isolamento può condurre a un ciclo di sofferenza psicologica con conseguenze a lungo termine sulla salute mentale e sul benessere dell’individuo.

Rappresentazione nella cultura popolare

Il “sorriso di Glasgow” è stato rappresentato in diverse forme nella cultura popolare, spesso associandolo a personaggi malvagi o psicopatici. Uno degli esempi più noti è il personaggio del Joker nei fumetti e nei film di Batman, che spesso viene raffigurato con una cicatrice simile a un “sorriso” esteso, anche se le origini del suo aspetto variano a seconda delle interpretazioni. Sebbene non sia direttamente collegato alla città scozzese, l’iconografia della cicatrice è diventata sinonimo di violenza psicopatica e di sfiguramento facciale.

Tuttavia, questo tipo di rappresentazione mediatica del fenomeno può contribuire a desensibilizzare il pubblico rispetto alla reale violenza e alla sofferenza inflitta alle vittime, in particolar modo per quanto riguarda quella psicologica.

In conclusione, il “sorriso di Glasgow” è un esempio inquietante di come la violenza urbana e le disuguaglianze sociali possano lasciare cicatrici permanenti su persone e comunità. Sebbene oggi la violenza delle gang sia meno prevalente rispetto al passato, il termine rimane un potente simbolo di sfiguramento e brutalità. Le conseguenze fisiche e psicologiche di questa mutilazione sono devastanti, e le vittime spesso affrontano sfide immense nel tentativo di riprendersi, sia dal punto di vista fisico che emotivo.