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Il lavoro minorile in Italia: un problema grave che richiede attenzione

Il lavoro minorile in Italia: un problema grave che richiede attenzione

Il lavoro minorile in Italia rappresenta un’importante sfida sociale che richiede una risposta urgente. Il numero di ragazzi sfruttati è allarmante e la situazione richiede un intervento immediato. Lavorare anziché frequentare la scuola e vivere l’adolescenza con i propri coetanei è una realtà per molti giovani che passano le loro giornate in fabbriche e aziende, spesso senza le necessarie protezioni, mettendo persino a rischio la loro vita. È fondamentale porre l’attenzione su questa realtà di lavoratori minorenni italiani, che purtroppo rimane ancora troppo poco discussa.

Per approfondire:

Quando pensiamo al lavoro minorile, tendiamo a focalizzarci su paesi lontani come il Bangladesh e il Nepal. Tuttavia, questo fenomeno è radicato in Italia più di quanto si possa immaginare. Il primo rapporto statistico dell’UNICEF, presentato in occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, rivela dati impressionanti riguardo alla situazione italiana.

I numeri che emergono sono allarmanti

Nel corso del 2022, il numero di lavoratori minorenni, compresi tra i 15 e i 17 anni, è salito a 69.601, un aumento rispetto ai 51.845 del 2021 e ai 35.505 del 2020.

Invece di completare il percorso scolastico e proseguire gli studi, decine di migliaia di giovani italiani si trovano costretti a entrare nel mondo del lavoro, spesso sfruttati per salari miseri.

La maggior parte dei lavoratori minorenni rientra nella categoria “dipendenti”, “operai agricoli” e “voucher”. Per quanto riguarda i giovani fino ai 19 anni, nel 2021 erano 310.258, un aumento rispetto ai 243.856 del 2020. Le regioni italiane con il maggior numero di lavoratori minorenni e le differenze di genere sono le seguenti:

  • Lombardia (240.252)
  • Veneto (155.987)
  • Emilia-Romagna (134.694)
  • Lazio (119.256)
  • Puglia (108.867)

Dal rapporto emerge anche un divario significativo in termini di genere. Dei 310.287 minorenni che lavoravano nel 2021, 193.138 erano maschi e 117.149 femmine. Rispetto al 2020, si è registrato un importante aumento: in quell’anno, i ragazzi lavoratori erano 154.194, mentre le ragazze erano 89.674.

Questo divario evidenzia una tendenza delle donne ad essere più istruite degli uomini, con il 65,3% delle donne che possiede almeno un diploma (rispetto al 60,1% degli uomini). Le donne laureate rappresentano il 23,1% (rispetto al 16,8% degli uomini) (ISTAT, 2022). Il rapporto afferma inoltre che il divario di genere nel tasso di occupazione (55,7% contro 75,8%) si riduce all’aumentare del livello di istruzione (31,7 punti per i titoli bassi, 20,3 per i medi e 7,3 punti per i titoli alti) (ISTAT, 2022). Inoltre, le giovani donne che decidono di abbandonare gli studi e conseguono al massimo un titolo di studio secondario inferiore hanno possibilità di occupazione molto più basse rispetto ai loro coetanei maschi (20,8% contro 41,9%) (ISTAT, 2022).

L’allarme dell’UNICEF

Un dato allarmante evidenziato dal rapporto UNICEF riguarda le denunce di infortunio che coinvolgono i lavoratori minorenni sotto i 19 anni. Nel quinquennio 2017-2021, a livello nazionale, sono state presentate 352.140 denunce all’INAIL, di cui 223.262 riguardanti minorenni fino a 14 anni (31.857 nel 2021 e 18.534 nel 2020) e 128.878 nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni (18.923 nel 2021 e 11.707 nel 2020).

Le regioni con le percentuali più elevate di denunce totali di infortunio nei cinque anni sono:

  • Lombardia (76.942)
  • Emilia-Romagna (40.000)
  • Veneto (39.810)
  • Piemonte (31.997)

Queste denunce di infortunio presentate nel Nord coprono da sole oltre il 50% delle denunce totali a livello nazionale. Nel quinquennio, 7 ragazzini sotto i 14 anni hanno perso la vita a causa di incidenti sul lavoro, mentre nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni il bilancio è stato ancora più tragico, con ben 67 vittime.

Il Veneto risulta essere la regione con il numero più elevato di decessi. Al contrario, non sono stati registrati infortuni mortali nelle regioni di Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta nel quinquennio preso in esame. È inquietante pensare che ogni giorno decine di migliaia di ragazzi lavorino, spesso senza alcuna tutela, e siano esposti al rischio di perdere la vita in un Paese che si considera civile. Questa situazione è estremamente preoccupante.