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Il lutto perinatale: dalle stelle verso le stelle.


Lutto. Dal latino “lugere” che significa “piangere”

Perinatale. Dal greco περί, περι- cioè “intorno” e natale, che rimanda alla nascita. Tutto ciò che gira intorno alla nascita, dal concepimento fino al primo anno dopo il parto. 

Purtroppo anche il lutto.

Il lutto, in generale,  è un insieme di reazioni che una si possono sperimentare sia nel corpo che nella mente (sono coinvolti neuroni, numerose aree cerebrali e tutto il sistema di regolazione della risposta allo stress) ad una perdita.

Invece, con il termine lutto perinatale (babyloss) s’intende la perdita di un bambino che avviene tra la 28ª settimana di gestazione e i primi 7 giorni dopo la nascita. Tuttavia, il “lutto” perinatale si può estendere all’aborto spontaneo, all’ interruzione terapeutica della gravidanza, alla riduzione fetale in caso di gravidanze multiple, alla morte endouterina di uno dei gemelli o all’abbandono per adozione.

Per chi perde il feto nelle settimane precedenti non vi è riferimento al lutto, seppur quel bambino immaginato era già presente nella mente dei genitori durante il primo trimestre (l’intensità del lutto perinatale non dipende dall’epoca gestazionale della perdita e nemmeno dal tipo di perdita!)

Il lutto è un vissuto totalmente soggettivo: le reazioni alla perdita possono essere emozioni più o meno intense (come paura, rabbia, tristezza, vergogna, vuoto, dissociazione, incredulità etc), sensazioni corporee (brividi, pesantezza alle gambe/braccia, senso di peso sul petto), pensieri ricorrenti, comportamenti come evitare di uscire, andare frequentemente al cimitero.

La perdita  può essere di due diversi tipi: una perdita fisica  o simbolica (un progetto, una funzione, una promozione che non ci viene concessa). Quindi, non ha alcun senso affermare che il lutto si ha quando muore un bambino già nato.

Il bambino nasce nella mente dei genitori appena se ne apprende la notizia, l’esistenza. Esiste già nel desiderio di averne, di figli.

 Desiderio, dal latino de (da) e sidus, sideris (stella). Dalle stelle. 

Un bambino desiderato e sognato viene sulla terra, vive nella mente dei propri genitori.  Poi ritorna alle stelle. Si mischiano spiritualità e scienza.

Claudia Ravaldi afferma in Piccoli Principi (2022) “Se la magia finisce, quello che rimane è un desiderio furibondo e incompiuto così furibondo da nascondere l’amore, dal quale, ormai sappiamo, ha origine il lutto”. 

 


Il trauma del lutto perinatale

Passare dall’attesa alla perdita è un passaggio traumatico, perché la donna e la coppia si trovano a fronteggiare una realtà totalmente  diversa e inaspettata rispetto al loro progetto e al loro desiderio. 

Infatti, la letteratura ci dice che la  perdita di un bambino atteso e desiderato, per qualunque motivo avvenga, durante la gestazione o dopo la nascita, rientra nell’elenco degli eventi traumatici.

Come tutti gli eventi traumatici, il corpo innesca una reazione allo stress: mente e corpo in allerta ad elaborare ciò che è successo. 

La differenza con gli altri eventi traumatici è che quel corpo di donna che deve reagire all’evento stressante era già un corpo che reagiva, ma alla vita. 

La nascita e la perdita avvengono nel corpo della donna. Passano, entrambi, da lì. 

Ogni evento legato al corpo va elaborato e processato, tanto più l’esperienza della perdita. 

Pertanto, è necessario prendere del tempo per permettere a corpo e mente di processare quanto è accaduto e riprendere i propri ritmi. 


L’elaborazione del lutto e il supporto psicologico 

Claudia Ravaldi scrive: “Elaborare il lutto significa passarci attraverso, senza scorciatoie. Bisogna passare anche dalla rabbia, che, essendo un’emozione ritenuta inappropriata, soprattutto per le donne, non viene ben vista, a livello sociale. Eppure, una gran parte della partita dell’elaborazione del lutto si gioca intorno alla rabbia. Piangi, se ne hai voglia, tutte le volte che vuoi e ogni volta che senti salire le lacrime; le lacrime non sono segno di debolezza, né nelle donne né negli uomini, bensì espressione di dolore e di nostalgia per chi non c’è più” (Piccoli Principi, 2022). 

Elaborare vuol dire “lavorare”, permettere alle emozioni di fluire e ai ricordi di essere processati. 

Ognuno può farlo come vuole, il consiglio è però di farlo, non chiudendosi in se stessi. 

Parlatene con chi vi fa stare bene, tenete un diario, ricreate una scatola dei ricordi, affidatevi a un percorso di sostegno psicologico se vi sentite di riuscire a farcela da soli e notate cambiamenti importanti e duraturi nella vostra fisiologia (sonno, alimentazione…). 

L’importante è che non vi sentiate sbagliate/i nel soffrire per quello che è: un lutto terribile e innaturale, perché chi viene dalle stelle per vivere sulla terra non dovrebbe ritornare lì. Lasciate che il vostro dolore abbia lo spazio necessario per essere quello che è, dolore. 

Date voce al vostro dolore

Se invece siete familiari, partner o operatori sanitari: siate supportivi, non sminuite il vissuto altrui, informatevi e ascoltate i bisogni di chi vive questa esperienza terribile pronti ad accoglierli. 

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