Una delle funzioni principalmente connesse alla genitorialità è quella didattico-educativa. Nello svolgimento del proprio ruolo, i genitori sono infatti chiamati a trasmettere al figlio una serie di capacità che potranno essere assimilate e arricchite, in seguito, con contenuti individuali di matrice psichica, cognitiva, esperienziale.
Il figlio apprende dai genitori
Non soltanto per il rapporto affettivo privilegiato che lo lega a lui. Ma anche perché il bambino tende per natura ad imitare l’adulto. È un attento osservatore. Qualsiasi comportamento messo in atto dai genitori, anche non volontariamente, rappresenta per lui un’occasione per immagazzinare esperienze e competenze che lo aiuteranno ad incrementare il suo bagaglio prestazionale, ma gli consentiranno anche di consolidare il rapporto e il legame con lui.
Il bambino è un contenuto che si lascia plasmare, una materia flessibile e modificabile che l’adulto può influenzare, più o meno volontariamente, con la propria impronta personale.
Soprattutto nelle prime fasi della vita, l’intento emulativo del neonato è particolarmente elevato, così come la sua dipendenza dall’adulto. Affamato di esperienze, di conoscenze, pulsioni relazionali, il bimbo si orienta spontaneamente verso l’esterno, alla ricerca della conoscenza del nuovo, dello sconosciuto. E questa pulsione epistemofilica, che caratterizza per la maggior parte l’assetto motivazionale infantile, trova proprio nell’oggetto affettivo di riferimento (il genitore) il modello imitativo più affidabile.
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Come si insegna ad un bambino
Esistono tre modalità di approccio didattico che il genitore può adottare nei confronti del figlio:
COACHING
Si tratta di un insegnamento realizzato volontariamente dal genitore al fine di trasmettere al bambino un contenuto nozionistico o un’abilità. Può trattarsi di un’attività pratica – ad esempio come ci si allaccia le scarpe o come si apre una bottiglia- o di una conoscenza più astratta, connessa ad un’elaborazione simbolica- ad esempio le modalità in cui è possibile esprimere un’emozione o interpretare il significato della stessa.
MODELING
È un’osservazione implicita, in cui la trasmissione dell’apprendimento non avviene per volontà diretta del genitore, ma viene piuttosto evinto attraverso l’osservazione dell’adulto da parte del bambino che, carpendo visivamente dettagli e aspetti comportamentali, prova ad realizzarli a sua volta.
A tutti sarà capitato di vedere come un bambino, dopo aver visto la mamma al volante, cerchi di imitarne i gesti con movimenti circolari delle braccia, o come, avendo visto la mamma cucinare, provi ad armeggiare a sua volta con piatti o forchette. In questo caso il genitore non vuole trasmettere nessun insegnamento al bambino, è piuttosto quest’ultimo che cerca di emularne l’agito per avvicinarsi alla figura genitoriale, interiorizzandone uno schema rappresentativo-emulativo.
CONTINGENCY
È definibile come un apprendimento incidentale, in cui l’assimilazione di un comportamento non avviene né per volontà del genitore né del bambino osservante, ma piuttosto attraverso l’opportunità didattica inaspettatamente offerta da una situazione contingente. Ad esempio, il bambino che sporca il tavolo con dei colori o dei pastelli, vedrà il genitore arrabbiarsi. Questo sarà sufficiente a mostrargli le negatività dell’evento, e opererà come un incentivo a non compierlo. Allo stesso modo l’apprendimento può avvenire in modalità vicaria, osservando scambi ed eventi relazionali tra uno o più soggetti: prendiamo il caso di un fratello che arriva in ritardo facendo arrabbiare la mamma- il bambino capirà che arrivare in ritardo è un evento stigmatizzante e pertanto da evitare.
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L’importanza dell’esempio dei genitori
I canali sensoriali – soprattutto quello visivo- costituiscono un mezzo di apprendimento pressoché imprescindibile, ma se agli stessi viene unita una discussione, una spiegazione fattuale o addirittura una spiegazione pratica della materia oggetto della didattica, allora la possibilità di apprendere sale notevolmente, consentendo un immagazzinamento più stabile e duraturo non solo da parte di colui che apprende, ma anche di colui che insegna (circa il 70%-90%).
Ciò a dimostrazione di come l’alone mnestico che segue una dimostrazione concreta sia più duraturo rispetto a quello fornito da una mera spiegazione verbale. Dunque l’esempio pratico è il miglior modo per trasmettere una competenza.
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Esperimento di Bandura
L’esperimento di Bandura corrobora l’importanza dell’osservazione pratica ai fini dell’apprendimento: bambini posti di fronte ad un video nel quale alcuni adulti praticavano condotte aggressive nei confronti di una bambola, messi in presenza della stessa bambola tendevano ad applicare un comportamento egualmente proditorio. Al contrario, di fronte a filmati in cui l’adulto mostrava condotte neutrali o vezzeggiative verso la bambola, i bambini tendevano a comportarsi nello stesso modo.
L’aggressività, come l’empatia, possono dunque divenire oggetto di apprendimento tramite un insegnamento esplicito, ma ancor di più attraverso il canale dimostrativo.
Questo dovrebbe servire da monito ai genitori: il bambino è un emulatore per natura, e non cessa di osservare il comportamento dell’adulto nei più vari contesti, al fine di trarne uno spunto imitativo. Il contesto evolutivo riveste un’influenza considerevole nell’educazione infantile, condizionandone la direzione: se il genitore reagisce con ansia o con violenza di fronte ad un ostacolo, il bambino applicherà il medesimo comportamento nella stessa circostanza. Ed è altamente probabile che, situazioni in cui l’adulto mostra calma ed autocontrollo susciteranno nel bambino le medesime reazioni.
È la classica conseguenza dell’introiezione genitoriale come principale modello egoico e superegoico cui ispirarsi. Per dirla con la psicodinamica, il genitore è l’ideale dell’IO, e il bambino gli si conforma, più o meno consapevolmente, intenzionato a divenire un adulto simile a lui. Quindi non vi sarà da stupirsi se un soggetto cresciuto in un ambiente aggressivo diverrà egualmente aggressivo e violento. Possiamo piuttosto considerarlo un effetto conseguente al processo di interiorizzazione identificativa della figura genitoriale.
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