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DALL’EDUCABILITÀ  AL PROCESSO EDUCATIVO DELL’UOMO

                                                    

Non è possibile parlare di educazione, senza partire da un presupposto fondamentale che l’uomo non rimane, nel corso della sua esistenza, così come nasce, ma subisce una serie di modificazioni, che possono essere stimolate, aiutate e coordinate, attraverso un processo educativo, caratterizzato da una continua tensione a renderlo migliore rispetto al momento iniziale e precedente ed ispirato al principio del “dover essere”, nella prospettiva di una sua vera e propria umanizzazione.

Ne deriva, dunque, la considerazione che l’uomo è educabile e che la sua vita va concepita come “uno spazio di cambiamento e di trasformazione” ( C. Nanni, 1959) , collegato alle personali doti native e alle molteplicità delle stimolazioni, offerte dai vari contesti ambientali, che si configurano, in ogni caso, in termini educativi, come “una vera e propria proposta di valore” (C. Nanni, 1959).

Se discipline come la psicologia o la sociologia hanno per oggetto di studio “un soggetto che cambia”, la pedagogia, riflettendo sull’idea dell’educabilità umana, dovrebbe, dunque, riconoscere, come suo compito specifico, l’indagine sul “processo di trasformazione del soggetto” (G. Acone, 1997)

Il processo di sviluppo non è, quindi, del tutto autonomo ; in controtendenza, rispetto al concetto espresso da Platone,  le attuali scuole di pensiero sostengono che la conoscenza non esiste come entità, già costruita nelle anime umane e, perciò, non si compie spontaneamente dall’interno, ma esige o subisce un complesso di azioni dell’ambiente esterno e di altri uomini, le quali determinano, nella persona, modificazioni, reazioni, attitudini, conquiste, rappresentate, appunto, da una serie di promozioni specifiche.

L’ambiente, influisce, quindi, in modo determinante sul soggetto da educare, ma, talvolta, potrebbe essere incontrollabile, instabile, turbolento e costituire, quindi, un ostacolo o, addirittura, un pericolo per l’azione educativa.

Perciò, sarà compito dei soggetti istituzionali impegnati nel campo dell’educazione (legislatore, istituiti scolastici, educatori, istituti sociali, ecc.) predisporre un ambiente favorevole e stimolante, eticamente fondato, che attivi piani d’intervento intenzionali, al fine di  realizzare un processo di “perfezionamento” di tutte le qualità umane (funzioni cognitive, emotive, socio-relazionali, corporee), in una tensione continua verso un orizzonte di riferimento, che concepisce la personale esistenza finalizzata ad un modo di essere “verso”.

La ricerca sulle ragioni dell’educabilità dovrà, allora, partire dalla individuazione di  quel percorso, lungo il quale l’uomo “prende forma” come essere umano, seguendo una direzione di senso, “conservandosi fedele alla specificità della sua natura” (B. Rossi, 1994).

Ciò significa che l’uomo deve mirare alla conquista di sé stesso e della propria identità, che non va, però, concepita in una forma chiusa, immobile e rigida, ma come dinamicità, avventura, scoperta, esplorazione, pluralità, che costituiscano un reale tirocinio dell’uomo di apertura al mondo, attraverso l’esercizio di sé, in cui coesistano il bisogno di identità  e l’esigenza della differenza.

L’educabilità si configura, dunque, come la forma a priori dell’uomo, il suo modo di essere in quanto soggetto  in formazione (unità e  integralità del proprio essere), la cui potenzialità trova la sua traduzione, sul piano operativo, nella progettualità educativa, concepita in forma elastica, come un’attività duttile, che caratterizza il modo di farsi dell’uomo.

Un grande contributo sul tema dell’educabilità è offerto da famosi pensatori come Aristotele, San’Agostino, Rousseau, Dewey  ed altri, i quali sostengono il principio che la realizzazione di un fine  (il dover essere) deriva, necessariamente, da una tendenza intrinseca di ogni essere umano  a crescere e trasformarsi.

EDUCARE AI RAPPORTI INTERPERSONALI COME INCONTRO/CONFRONTO CON L’ALTRO DA SÉ

L’attività che allena l’identità del soggetto in formazione, come prova costante ha, quindi,  bisogno di un confronto con se stesso, ma di misurarsi, soprattutto, con la dimensione relazionale dell’incontro (R. Guardini), per cui il soggetto in-formazione richiede il confronto con una presenza dell’altro da sé,  il quale è in grado di esercitare, su di lui, una influenza fondamentale, con la testimonianza dell’esempio, e con la sua capacità/disponibilità a stabilire un rapporto empatico, fatto di accettazione e rispetto, che si rende possibile tramite una dinamica relazionale, che attiva flussi emotivi, caldi ed affettivamente intensi.

LA REALTÀ DEL PRESENTE

In linea teorica, sono abbastanza diffuse, oggi, le enunciazioni di principio, sulla necessità di una  crescita umana e sociale della popolazione  e  che, quindi, una società umanizzata e umanizzante, attraverso i soggetti istituzionali preposti,  debba provvedere a creare le giuste occasioni educative tese ad una elevazione morale di tutti gli esseri umani.

In realtà, a parte questi principi etici, unanimemente condivisi, spesso diffusi, anche, in forma enfatica e retorica, sul piano delle dotte enunciazioni, bisogna sottolineare che la realtà attuale è ben diversa :  spesso l’esigenza annunciata e sbandierata di curare il male di vivere odierno, si configura come un tentativo isolato o come semplice palliativo, che non hanno il potere di risanare le profonde malattie esistenziali, delle quali, soffre, oggi, tutta l’umanità.

Basti pensare alle forme del male, sempre più diffuse e imperanti nel nostro tempo, espresse dalle situazioni tragiche, come quelle di Kiev e Gaza e da altre forme conflittuali, presenti nel pianeta, in cui primeggia, in modo devastante, il dolore, derivato dalle  guerre, dalla violenza,  dai massacri, dalle barbarie, dai classismi,  dai razzismi, dai nazionalismi.

Come afferma la psicoanalista Lella Ravasi Bellocchio, nel suo recente  libro : “I confini del dolore,                             É possibile arginare la sofferenza psichica?”Raffaello Cortina, dobbiamo rilevare che, ormai “siamo nella zona grigia dell’umanità”, in cui siamo assediati dalle inquietudini, siamo devastati dal dolore ed “abbiamo perso di vista la saggezza e la giustezza” .

L’unico rimedio, afferma la Ravasi, è quella di superare il vuoto e di fare scudo, “ solo la capacità di esserci, con una presenza forte e vitale può affrancarci dal dolore. Si esce dal vuoto con i sentimenti, con la pazienza, con paura anche.  Alla fine la parola vincente è amore, che superi le varie forme di egoismo, cinismo, indifferenza” .

LE PROSPETTIVE

Le riflessioni sopra esposte stimolano la considerazione che, a livello mondiale, si debba inaugurare un Progetto, finalizzato, non agli interessi nazionalistici di uno stato, ma alla cura delle persone, indirizzata  verso una forma di alfabetizzazione etica dell’incontro, basata sull’educazione emotivo-affettiva, per evitare che un deserto di tristezza e di vuoto esistenziale rischi di annientare le nuove generazioni.

È possibile pensare, a tale proposito, alla capacità di gestire il processo educativo, impegnando il soggetto in-formazione nel compito che lo definisce come soggetto capace di bene e, cioè, soggetto di verità, soggetto di giustizia e soggetto di libertà.

L’uomo, mediante l’esercizio di prendere forma, diviene, così, un uomo vero (autentico e fedele) , giusto (impegnato), libero (autonomo e responsabile),.

A tal fine è necessario individuare, soprattutto a livello scolastico, un fondamento valoriale, non limitato all’accumulo dei saperi, ma aperto a un’dea comune, che sia “espressione dell’umano universale, inserita nella realtà concreta al di sopra dei differenti contesti nazionali, sociali e culturali” (Commissione Pontificia Justitia et Pax, 1985).

 Come afferma G. Rist,la pluralità della differenza é la coscienza della molteplicità, é il riconoscimento di fatto che siamo l’uno nelle braccia dell’altro; la pluralità della varietà è la pluriformità, cioè il rendersi conto che esistono diverse interpretazioni religiose, sociali e politiche, all’interno di una comunità; la pluralità della diversità è la risposta all’esigenza dell’unità fra più sistemi, è la ricerca di un’armonia che sembrerebbe irraggiungibile”  (G. Rist, 1988).

Questo obiettivo si può perseguire solo attraverso un processo educativo, basato sui valori della reciprocità, che parte dalla famiglia, si allarga alla scuola, al quartiere, al comune, ai diversi ambiti della vita sociale e si estende ad altre comunità nazionali dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina.

Si tratta, forse, di un progetto utopico, ma, spesso, è proprio l’utopia che, storicamente, ha guidato l’uomo alle grandi conquiste e che, quindi, è in grado di aiutandolo e sostenerlo nella realizzazione delle sue potenzialità, che investono il vasto campo dello scibile, ma, soprattutto, la dimensione, ancora più alta, che riguarda le sue facoltà umane.

 

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