Procrastinare significa rimandare, “mettere da parte” quello che dovremmo fare oggi ad un domani ipotetico. A chi non è capitato?
In taluni casi però si tratta di una propensione cronica, sembra che questo problema riguardi addirittura una persona su cinque. Essa può essere più o meno pervasiva, ovvero riguardare solo alcuni ambiti (ad esempio lo studio o il lavoro) oppure qualsiasi agito dell’individuo.
Che cos’è la procrastinazione?
Studi di Steel del 2007 ci dicono che la procrastinazione deve essere considerato un vero e proprio disturbo psichico autodistruttivo, assimilabile alle altre dipendenze note.
La sensazione di sollievo che si prova nel momento in cui si decide di rimandare funge da rinforzo nel motivarci a ripetere tale esperienza.
È stato ipotizzato che la procrastinazione possa essere considerato un tratto della personalità ma ciò è ancora in via di discussione: chi ha tale tendenza ha spesso degli ambiti nei quali fa eccezione.
All’origine del problema possono esserci svariate motivazioni, catalogabili in:
- Arousal – l’avvicinarsi della scadenza fa si che l’individuo massimizzi la propria attivazione e con essa le emozioni collegate (sensation seeking);
- Evitamento – cerca di evitare lo stato di disagio dato dall’idea di non essere capace di affrontare un determinato compito o di fallire;
- Decisionale – l’individuo rimanda perché ha scarsa fiducia in se stesso e nella capacità di fare scelte ottimali.
Come dicevamo, il procrastinatore può essere abituale o occasionale. Nel secondo caso spesso è il contesto a renderlo tale, se invece l’atteggiamento è sempre presente parliamo di vera e propria caratteristica dell’individuo.
Il corso online La Procrastinazione: un problema comune a molti, disponibile sulla piattaforma IGEA CPS, approfondisce cause ed effetti della procrastinazione, presentando gli strumenti più efficaci per gestirla.
Ma perché si procrastina?
Nella società attuale siamo obbligati a fare tante cose, spesso tutte insieme o in tempi ristretti e sarebbe necessario rispettare le scadenze che ci siamo prefissati.
Spesso però la scala delle priorità di ciascuno legittima la scelta di rimandare quelli che riteniamo essere compiti meno importanti, meno interessanti o più ansiogeni (anche se non ammettiamo questa verità nemmeno con noi stessi!).
Spesso scegliamo cosa fare e cosa no in base alle emozioni che tale azione ci suscita e non a quello che sarebbe utile/importante per noi stessi, andando addirittura in contrasto con i nostri stessi interessi.
Si tratta di un’autoregolazione disfunzionale, ovvero un self handicapping col quale auto-limitiamo e auto-boicottiamo i nostri progetti.
Passato un primo momento di apparente sollievo, il rinviare genera una percezione negativa che ci porta a metterci in discussione limitando la nostra presunzione di capacità di riuscita, di autostima e autoefficacia.
Un atteggiamento che sovente viaggia a braccetto con la procrastinazione è il prendere numerosi impegni tutti insieme senza essere di fatto in grado di gestirli.
Ovviamente capita sovente di abbandonarne alcuni prima della conclusione, determinando sentimenti di frustrazione e senso di autoefficacia percepita decisamente bassa, stress e sensi di colpa. Ne consegue un desiderio di cambiare atteggiamento che nella pratica non trova però attuazione.
Gli effetti della procrastinazione
Le conseguenze della procrastinazione possono essere esterne (visibili a tutti) oppure interne. Queste ultime sono le più gravi e impattanti sul benessere dell’individuo in termini di ansia e insoddisfazione, minor stima di se che può sfociare talvolta addirittura in rabbia.
Quando ci ritroviamo a completare il compito all’ultimo momento, a volte riusciamo a portarlo a termine e altre volte no ma, in ogni caso, ci riproponiamo di “non farlo più”. Ma la volta successiva la storia si ripete.
Spesso la procastinazione va di pari passo anche con il perfezionismo: esigere la perfezione e temere di incorrere in una performance scadente indica profonda insicurezza e timore del giudizio, sia personale che esterno.
La riuscita o meno ci da il peso del nostro valore, e poco importa se in realtà il nostro vero valore dipende da aspetti molteplici, spesso non siamo capaci di distinguere ciò che “siamo” da ciò che “facciamo” e finiamo col valutare in base al comportamento specifico.
A volte capita anche che il rimandare fino all’ultimo momento disponibile sia un’ottima scusante da darci per non aver raggiunto il livello qualitativo desiderato, ci autogiustifichiamo pensando di “aver avuto poco tempo” ma, di nuovo, spesso si è trattato di una nostra scelta.
Come combattere la procrastinazione
Knaus nel 2010 teorizza che la procrastinazione sia un atteggiamento appreso e non una tendenza innata, dandoci la speranza che, in quanto tale, sia modificabile.
Ovviamente perchè ciò possa accadere è necessaria la volontà di cambiamento, un lavoro su se stessi che porti ad un processo di autoconsapevolezza.
Certamente il problema non va sottovalutato perché le conseguenze possono diventare molto serie andando a corrodere la nostra autostima e impattando sul nostro quotidiano.
Dobbiamo allora provare innanzitutto ad allenare due abilità: la gestione del tempo e lo stabilire delle priorità. Possiamo provare a suddividere il compito in tante parti più piccole, da relazionare con le nostra caratteristiche per renderci conto che, si, disponiamo di tutte le risorse necessarie per portarle a termine.
Un altro escamotage molto utile può essere quello di imparare a delegare, in modo da interrompere il circolo vizioso della procrastinazione.
A volte qualcosa di più forte di noi ci frena e ci limita: il nostro bambino interiore ama evitare il dovere. Dobbiamo allora rieducarlo e abituarlo a non soffrire davanti ai compiti, approfondendo le origini di tali difficoltà magari con il supporto di un professionista.
Procrastinano di più gli uomini o le donne?
In conclusione una curiosità: sussistono differenze legate al genere? I due sessi presentano dei modi differenti di procrastinare?
La procrastinazione è risultata essere maggiormente presente sui maschi che sulle femmine e sembra inoltre vada riducendosi all’aumentare dell’età in quanto col trascorrere del tempo si impara quanto sia rischioso tale atteggiamento.
Una spiegazione si lega al fatto che il sesso femminile sia storicamente deputato alla cura della prole, rendendo necessaria una capacità di organizzione del tempo e di scelta delle priorità imprescindibili e non rinviabili.