Il 2023 è l’anno in cui ricorre il cinquecentenario della morte di Pietro Vannucci, meglio conosciuto come il Perugino, uno dei pittori più importanti del nostro Rinascimento. Ricordato sia per lo stile equilibrato ed elegante, che lo ha reso celebre, sia per essere stato colui che ha aperto la strada alle grandi personalità artistiche del ‘500, primo fra tutti Raffaello, del quale fu il maestro, e poi Leonardo e Michelangelo.
Numerosi gli eventi a lui dedicati in questo anno, alcuni ancora in corso, che vedono coinvolte le principali città dell’Umbria in cui lavorò, in particolare Perugia, Città della Pieve, Spello, Foligno, Panicale e Trevi.
Gli eventi per il cinquecentenario
Mostre, convegni e pubblicazioni di nuovi studi hanno posto l’accento sull’impatto che l’opera del Perugino ha avuto anche fuori delle aree in cui ha operato arrivando ad influenzare la pittura tra la seconda metà del ‘400 gli inizi del ‘500 non solo in Italia ma anche in Europa.
Per l’occasione sono stati messi a punto anche numerosi itinerari con visite a tema, che hanno permesso di dare nuova visibilità a piccoli tesori nascosti nei borghi umbri che conservano opere del grande pittore ammirabili nel luogo originario per cui furono realizzate.
Un nuovo spessore, quindi, alla figura di questo artista umbro che creò una pittura dai toni soavi, con figure dai tratti dolci e dai volti ieratici, sullo sfondo di delicati paesaggi che riproducono scorci della sua terra di origine, il tutto unito a grandi capacità tecniche.
Una delle qualità di Perugino più apprezzate dai suoi contemporanei fu l’uso della luce, soffusa e avvolgente che unita ai colori delicati dona alle sue opere un’aria di profondo misticismo, nonostante Perugino fosse ateo.
Questa maestrìa nell’uso del colore si manifestò al meglio nei dipinti eseguiti per committenze private, in cui, forse perché libero dagli schemi compositivi, riuscì ad esprime al meglio le sue capacità, operando anche scelte stilistiche molto particolari, come l’uso del nero nello sfondo di ritratti e piccole tavole devozionali. Queste caratteristiche hanno inciso profondamente sul gusto dell’epoca, facendo di Perugino il pittore più richiesto dalle corti e dai mecenati del suo tempo.
Ma Perugino fu anche un uomo dal carattere irascibile, molto attendo al denaro, consapevole del suo lavoro e del suo valore, e per riuscire a soddisfare tutte le richieste che riceveva, si trasformò in imprenditore, fondando due attivissime botteghe, in cui lavorarono schiere di apprendisti e collaboratori.
Chi era Perugino: gli esordi e la fama
Pietro Vannucci nasce a Città della Pieve nel 1448 circa, da una famiglia benestante. Compie il suo praticantato prima in Umbria e poi a Firenze dove si iscrive alla corporazione dei pittori e inizia così la sua carriera in autonomia. Il soprannome “il Perugino” gli venne dato dalla confraternita dei pittori di San Luca, a cui era iscritto, per identificare la sua provenienza quando lavorava fuori dal territorio umbro.
Tra il 1478 e il 1479 il Perugino viene chiamato a Roma da Papa Sisto IV per un compito prestigioso: decorare l’abside della Cappella della Concatenazione (ora non più esistente) nell’antica Basilica di San Pietro in Vaticano.
L’opera piacque molto, tanto che il Papa lo chiamò nuovamente l’anno successivo per decorare le pareti laterali della Cappella Sistina appena costruita, insieme ai più quotati pittori del momento, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, Pinturicchio, Piero di Cosimo e Luca Signorelli.
Perugino vi lavorò per circa due anni realizzando l’affresco raffigurante la Consegna delle chiavi a Pietro, visibile sulla parete destra della Cappella Sistina nel ciclo della vita di Cristo. L’opera rimane fra le sue più conosciute, in cui, seppur giovane, raggiunse un livello altissimo per l’equilibrio della composizione che segue rigide regole prospettiche e per la resa dei volti dei personaggi.
Dimostrò inoltre di avere autorità e capacità organizzative. Sembra, infatti, che gli venne anche affidato il compito di dirigere e coordinare il lavoro degli altri pittori.
Perugino imprenditore: nascono le botteghe del “divin pittore”
Dopo l’impresa della Sistina, la fama del Perugino si era diffusa e nel 1485 il Collegio del Cambio di Perugia, sede cittadina della corporazione dei cambiavalute, gli commissionò gli affreschi rappresentanti il Ciclo delle Virtù e degli uomini illustri. Questo incarico fu importantissimo in quanto veniva da una delle corporazioni più potenti della città. L’opera fu un successo, per la delicatezza delle forme, l’armonia dell’impianto compositivo e la bellezza dei colori, consacrando definitivamente Perugino come uno degli artisti più celebri del momento.
Agostino Chigi, mecenate e banchiere del Papa, in una lettera del 1500 lo citò come “il miglior pittore d’Italia”, mentre Giorgio Vasari, biografo degli artisti, nelle sue Le Vite scritte nel 1550, lo definì “il divin pittore”.
Il successo del Perugino
Le commissioni furono sempre più numerose, pale d’altare, affreschi e quadri per devozione privata, il lavoro aumentò a tal punto che Perugino non sempre riuscì a mantenere gli accordi presi e le scadenze prestabilite, tanto che ebbe spesso da risolvere contenziosi con i committenti che in alcuni casi gli revocarono gli incarichi. Prese allora in affitto un locale a Firenze e vi aprì la sua prima bottega, dove, aiutato da una numerosa schiera di collaboratori e apprendisti, iniziò a produrre una gran quantità di opere sotto la sua attenta direzione. Mise in atto quella che oggi chiameremmo “una produzione in serie”, ripetendo soggetti e schemi compositivi, concedendo le sue opere autografe solo a pochi, e delegò la maggior parte delle commissioni alla bottega.
La bottega fiorentina si arricchì di allievi stranieri provenienti da Spagna, Francia e Germania e operò anche nelle cosiddette arti minori, oreficerie, miniatura e apparati effimeri per le feste.
Nel 1501 avviò una seconda bottega a Perugia, dove si formò un’intera generazione di pittori suoi seguaci, i quali diffusero e per certi versi ampliarono, con caratteristiche diverse, il linguaggio artistico del maestro.
Perugino godé in questi anni di fama e ricchezza, il suo stile pittorico diventò un canone con cui gli altri pittori dovettero fare i conti.
Cambia il gusto: il declino di un pittore
Verso la fine del primo decennio del Cinquecento, il gusto iniziò a cambiare e la fama del Perugino lentamente declinò. Il suo stile nel tempo si era inaridito, era diventato immobile e ricorrente, quasi seriale, e aveva perso quel fascino poetico che tanto aveva conquistato in precedenza, e che ora era soppiantato dalle opere innovative di artisti come Raffaello, Michelangelo e Leonardo.
Nel 1511 chiuse la bottega di Firenze, concentrandosi negli ultimi anni esclusivamente in Umbria. Lì lavorò nelle chiese di campagna, decidendo poi di chiudere anche la bottega perugina e di dedicarsi ad attività immobiliari, evidentemente ormai più redditizie.
Morì improvvisamente di peste nel 1523 a Fontignano, piccola frazione presso Perugia.