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LESS IS MORE: capacità di astrazione e deficit di coerenza centrale nell’autismo

astrazione

La percezione di uno stimolo esterno si accompagna al riconoscimento pressoché immediato dell’oggetto che allo stesso corrisponde, attraverso un processo di identificazione che bypassa l’analisi dettagliata di ogni elemento da cui lo stimolo risulta composto: è l’effetto di una importante capacità, denominata astrazione, grazie alla quale è possibile identificare un oggetto immagazzinato mnesicamente attraverso l’analisi visiva dei suoi elementi centrali, trascurando tutti quelli periferici.

Alla base della stessa si trova un processo di conversione di informazioni sensoriali grezze percepite all’esterno (ad esempio modelli di linee rette o curve) in categorie astratte già immagazzinate in memoria, e per questo familiari. Si tratta di un’operazione di raffronto cognitivo tra lo stimolo percepito e il contenuto mnestico assimilato (ad esempio lettere o parole) in una prospettiva rielaborativa significante (Anolli e Legrenzi, 2012).

Il processo di astrazione

Per quanto non ce ne accorgiamo, è un fenomeno che nella quotidianità si verifica di continuo: ad esempio, per riconoscere un volto familiare non dobbiamo effettuare l’elaborazione di ogni dettaglio da cui risulta composto: occhi, naso, bocca. L’identificazione morfologica si presenta immediata nella nostra mente, grazie ad un processo sintetico-rielaborativo che, proprio a partire dalla percezione degli elementi salienti della figura, ne consente il riconoscimento pur senza una valutazione percettiva parcellizzata. Questo non si traduce in un trascuratezza degli elementi periferici di una figura: rappresenta soltanto la capacità umana di inserire i dettagli in una cornice più ampia, a partire da un elemento centrale che ne costituisca il framing, il filo conduttore.

I teorici della gestalt la definiscono una capacità innata: per natura tendiamo a percepire la buona forma degli stimoli con cui entriamo in contatto, seguendo principi naturali di armonia, linearità, equilibrio, continuità. Quindi tendiamo a chiudere le forme aperte, a colmare quelle vuote, a visualizzare linee simmetriche, a rappresentarci prospettive ed equilibri.

Altri versanti della psicologia si sono discostati dall’ipotesi innatista di questa capacità, dopo che ne è stata riscontrata l’assenza nelle prime fasi della vita: bambini di pochi mesi non sono in grado di percepire un oggetto nella sua totalità, ma riescono ad averne una visione meramente parcellizzata, probabilmente a causa di una non completa maturazione dell’organo visivo o dell’assenza di un collegamento operativo tra apparato visivo e sistema neurologico, da cui potrebbe derivare, nello specifico, l’incapacità di sintesi coerente di un’immagine (Camaioni e Di Blasio, 2007).

La capacità di astrazione rende volatili le esatte descrizioni fisiche, lasciando intatte solo le informazioni critiche necessarie al riconoscimento. Per questo l’informazione astratta è più veloce, agevole e flessibile da maneggiare rispetto a quella dettagliata. A tal proposito la psicologia evolutiva distingue ancora la percezione verbatim da quella gist (Brainerd e Gordon, 1994), identificando nella prima un processo di riconoscimento più precisa ma anche molto più complessa e dispendiosa, in quanto implica l’analisi visiva di tutti i particolari percepiti; e nella seconda un meccanismo identificativo generalizzante, più tipico dell’età matura, in cui i dettagli della figura vengono fusi sinteticamente grazie ad un’identificazione percettiva di matrice mnestica. Dunque l’elaborazione visuo-percettiva non deve essere rinnovata di volta in volta, con un notevole risparmio di risorse cognitive. E soprattutto di tempo.

Il deficit di coerenza centrale nell’autismo

La capacità di riconoscere gli stimoli sulla base dei fattori visivi salienti è stata denominata da Utah Frith (1989) coerenza centrale, nello specifico riferimento ad un’attenzione selettiva che velocizza i tempi di rielaborazione percettiva, rendendoli pressoché immediati.

Accertata la natura non innata di questa capacità, vediamo come un deficit della stessa sia possibile non soltanto nei bambini piccoli (meno di 6-7 anni di età), ma anche in tutti quei soggetti affetti da disturbi in cui la maturazione di una competenza percettiva globale risulta limitata o del tutto impedita. Ad esempio le sindromi psicotiche (soprattutto la schizofrenia), i ritardi intellettivi, i deficit riscontati nei cerebrolesi e nelle demenze vascolari, alcune forme di epatopatie e infine l’autismo, che presenta una struttura di pensiero fortemente analitica.


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Autismo e capacità di astrazione

L’autistico è privo della capacità di cogliere il reale per “astrazione“: questo gli impedisce di inserire gli aspetti della realtà in un sistema categorizzante e sistematico, grazie al quale è possibile ragionare attraverso analogie, metafore, prospettive. Il suo pensiero si basa su una serie di dettagli isolati e non comunicanti, in cui ogni aspetto assume valore esclusivamente “particolare”. In questo funzionamento costruito su un delicato equilibrio di dettagli- la generalizzazione assume un valore potenzialmente devastante, perché in grado di infrangere un’omeostasi cognitiva ricavata dall’analisi scrupolosa di ogni particolare (Camaioni, 1995; Frith, 1989; De Clerque, 2005).

Ma, pur in presenza di tanti dettagli, la sua conoscenza del mondo è incompleta, in quanto priva di quel filo conduttore grazie al quale un particolare entra a far parte del tutto in una prospettiva globalizzante (Vivanti, 2021; Frith, 1989; Camaioni, 1995). Vedendo un volto, egli non riesce a percepirne la struttura globale, ma si ferma alla percezione parcellizzata di occhi, naso, sopracciglia. Così come, posto di fronte ad un automobile, anziché vedere l’oggetto nella sua totalità si focalizza su alcuni particolari dello stesso, magari le ruote o il volante, evitando di elaborare una sintesi significante dei singoli elementi presi in considerazione (De Clerque, 2005).

Gli apprendimenti sono inoltre di natura contestuale, assumendo significato soltanto in relazione all’esperienza spazio-temporale nella quale vengono percepiti, per modificarsi sistematicamente in tutte quelle successive. Ad esempio una mela non è la stessa, se viene mangiata tra le mura domestiche o se viene consumata a scuola. Così come una bistecca muta di consistenza e di identità, se viene cotta al vapore o viene fritta.

La sua lentezza rielaborativa non si limita ad un aspetto puramente percettivo, ma contamina il resto del funzionamento cognitivo, rendendolo di fatto iperselettivo. Ad esempio l’interpretazione dei gesti durante le conversazioni- i c.d. regolatori di conversazione (sguardo, waving e tapping)- ma anche la decodifica della mimica facciale e dell’espressione emotiva si mostrano deficitari, soprattutto ove inserite in un contesto di performance valutativa di non familiarità, ad esempio perché presentati per la prima volta o perché provenienti da uno sconosciuto (Vivanti, 2021; Frith, 1989; Baron Coehn, 1997).

La comunicazione è basata su scambi verbali brevi, sporadici, poveri dal punto di vista semantico e sintattico, per di più espressi con una mimica facciale impersonale, con una tonalità monocorde e priva di ogni intento relazionale. Posto di fronte ad un messaggio verbale, l’autistico si sofferma soltanto su alcuni termini contenuti nello stesso, per poi ripeterne la pronuncia in modalità stereotipata, spesso in terza persona, dando luogo ad ecolalie che riducono l’esercizio vocale ad una scarica motoria priva di significato. È come se parlasse a se stesso, non curandosi di colui che ha di fronte (Vivanti, 2021; Camaioni, 1995).

Il deficit di coerenza centrale impedisce anche la maturazione dell’empatia, a sua volta presupposto della teoria della mente (TOM), intesa come la capacità di interpretare gli altrui comportamenti in una dimensione intenzionale e consapevole, riuscendo ad attribuire un senso ai propri stati mentali e a comprendere la possibilità che gli altri abbiano un pensiero diverso dal proprio (Premack, Woodgruff, 1978; Baron Cohen, 1997). Questa settorializzazione spiega il motivo per cui, a fronte di deficit intellettivi anche gravi, gli autistici mostrano notevoli abilità in specifici settori pur senza una preparazione di base.

Tra svantaggi e punti di forza: l’equilibrio necessario

L’iperfocalizzazione rappresenta uno dei punti di forza dell’autismo, consentendo la struttura di un funzionamento cognitivo incline ad abilità discriminatorie e memoria visiva, oltre ad una notevole capacità di sistematizzazione, inerente la comprensione e l’utilizzo delle regole che governano “sistemi chiusi”, come ad esempio quelli numerici, fisici, e meccanici. Non è un caso se circa il 10% di individui affetti da autismo presenta competenze superiori alla media in settori come la musica e il calcolo -nei quali una struttura di pensiero eccessivamente attenta al particolare consente una più veloce identificazione di note e numeri- e il disegno, in cui le abilità iperfocalizzanti permettono di padroneggiare le regole delle prospettiva e delle simmetrie, garantendo una rappresentazione grafica realistica e dettagliata (Drake e Winner, 2011).

Un approccio cognitivo-percettivo parcellizzato può rivelarsi dunque particolarmente vantaggioso- in quanto consente di cogliere differenze spesso impercettibili e tuttavia di fondamentale rilevazione- ma soltanto se va ad integrarsi con l’utilizzo di una capacità di sintesi altrettanto matura, altrimenti diventa un limite preclusivo e invalidante.

Il soggetto autistico deve apprendere a coniugare la sua capacità analitica con competenze di pensiero astratto, affinché la tendenza a valutare il dettaglio -di per sé vantaggiosa- non si mostri impeditiva della coerenza centrale, altrettanto indispensabile all’efficienza di tutte le altre funzioni cognitive.

Questo rende pressante la necessità di inserire un’adeguata implementazione delle funzioni esecutive e di pensiero astratto tra gli obiettivi dei programmi rieducativi destinati al disturbo autistico, come già sta accadendo con il TEACCH e i suoi derivati, con risultati decisamente incoraggianti.


Per approfondire

Brainerd, C.J., Gordon, L.L. (1994) Development of verbatim and gist memory for numbers, in Developmental Psychology, 30, 163-177;

Baron-Cohen, S. ( 1997), L’ autismo e la lettura della mente, Astrolabio, Roma;

Camaioni, L. ( 1995) La Teoria della Mente. Origini, sviluppo e patologia, GLF Editori Laterza, Roma-Bari;

Camaioni, L., Di Blasio, P. ( 2007) Psicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna;

De Clerque, H. ( 2005) L’autismo da dentro, Erickson, Trento;

Diamond, A. (2013). Executive functions, in Annual Review of Psychology, 64, 135-168.

Drake, J.E., Winner, E. (2011), Realistic drawing talent in typical adults is associated with the same kind of local processing bias found in individuals with ASD. In Journal of Autism and Developmental Disorders, 41 (9) pp. 1192-1201;

Frith, U. ( 1989) L’autismo. Spiegazione di un enigma, GLF Editori Laterza, Roma-Bari 1996;

Premack D., Woodruff, G. ( 1978) Does the chimpanzee have a theory of mind? In Behavioral and Brain Sciences, special issue: cognition and Consciousness in Nonhuman species, vol. 1, n. 4, Cambridge;

Vivanti, M. ( 2021) La mente autistica, Omega edizioni, Torino.

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