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Il grido sportivo come “droga sonora”

grido

Il Vocabolario della Lingua Italiana della Treccani definisce il grido umano: “un suono articolato, un’esclamazione emessa con forza”, che rappresenta un’esigenza fondamentale della natura umana.

Esso esprime alcune caratteristiche esistenziali della modo di essere di ogni uomo, come le esperienze del soffrire, dell’amare, dell’odiare, diversamente non esprimibili, che lo toccano nella sua profondità arcaica e nella sua totalità antropologica.

Si grida di gioia, di dolore, per disperazione, per felicità, per paura, per chiedere aiuto, per richiamare l’attenzione, per minacciare (in caso di battaglia, di caccia, di guerra), ecc.

Praticamente l’uomo grida, in vari modi, per tutta la sua vita: egli grida la sua ansia, la sua angoscia, la sua aggressività, la vittoria o la sconfitta, basti pensare al grido esistenziale della folla sportiva.

La dimensione sportiva

Limitando, dunque, il discorso alla dimensione sportiva, si può dire che, in particolare negli stadi, il grido determinato dal tifo si organizza attraverso la claque dei fedelissimi e dei sostenitori, tramite manifestazioni di incoraggiamento e stimolo per la propria squadra o come espressione di ostilità nei confronti della squadra avversaria.

Il grido, emesso da una massa di persone tifose, crea uno spazio, un ambiente favorevole all’instaurazione di un processo terapeutico. Esso rappresenta, infatti, una difesa psicologica innata, in cui, attraverso il gruppo, diventa una voce scatenata che esterna, attraverso la voce, l’accumulazione delle personali tensioni represse.

Nella sua espressione energetica non verbale, il grido, dunque, libera la voce anche dalle imposizioni delle convenzioni sociali, permette l’esteriorizzazione di emozioni rimosse in svariate circostanze.

Qualsiasi avvenimento sportivo è una buona occasione per permettere all’uomo di gridare in gruppo, con gli altri tifosi, sapendo che c’è qualcuno che lo sente (da solo, l’uomo grida soltanto per dolore), in grado di determinare una sorta di fascino-attenzione negli altri. Perciò, assume anche il significato/valore di un’invocazione d’aiuto, nella percezione e nella soddisfazione simbolica di non essere solo, ma di essere con o essere in posizione di opposizione dell’avversario.

Il grido sancisce, allora, un modo di essere autentico, di accettare meglio se stesso, di comunicare con gli altri e col mondo.

Il grido sportivo come espressione sociale

Immerso nel bagno della folla, l’uomo grida anche la gioia di ritrovarsi nel nido umano, cioè nel contesto arcaico della gente, della tribù, del villaggio, ecc. Al riparo di dall’alienazione delle grandi metropoli e gratificato dall’affiliazione, dall’inclusione e dal senso di appartenenza al suo gruppo umano (la squadra del cuore).

Il tifoso, in particolare, col grido, “recita” il suo inconscio. Tanto più se lo accompagna con la plateale esibizione di gesti e movimenti che caratterizzano qualsiasi azione sportiva, positiva o negativa, in termini di risultato, occasione, questa, che gli concede la plausibilità e la libertà di gridare, vendicandosi di tutte quelle volte, che è stato vessato e obbligato a sopportare in silenzio.

La forza dell’esclamazione ha un significato particolare, che dà significato e valore all’evento sportivo. Infatti, la voce normale e i movimenti legati alla quotidianità non hanno alcun legame, sufficientemente profondo, coi problemi fondamentali dell’uomo.

Quando all’uomo manca la parola, soccorre il grido, come difesa psicologica innata, che svolge il ruolo di droga sonora (gridare per guarirsi), da cui egli si fa trascinare, anche in forma violenta, secondo uno schema, che fa pensare agli albori della vita umana, quando veniva utilizzato a scopi religiosi e bellici.

La passione sportiva che si manifesta col grido, può, in questo caso, rientrare nei flussi di energia che scorrono continuamente in noi e che sono orientati verso l’esigenza di realizzare le funzioni del processo vitale dell’intero organismo.

L’intensità e la forza con cui si manifesta questa energia extra, se incanalata in termini socialmente accettabili, basati sulla non distruttività e sull’aggressività controllata e sublimata, rappresenta per il tifoso una ricetta magica e rituale, carica di simboli e significati, che si contrappongono al culto moderno del non io, oggi dilagante, e che influiscono, in modo significativo, nello sviluppo ottimale del suo carattere, con valore arricchente della sfera del sacro e del devozionale.

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