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Il disagio giovanile in ottica psicosociologica

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Il disagio giovanile rappresenta una delle problematiche più complesse del mondo contemporaneo ed è influenzato da dinamiche psicologiche, familiari, culturali ed economiche. In ottica psicosociologica questo fenomeno viene definito come un insieme di sentimenti e comportamenti che indicano una difficoltà ad adattarsi ai contesti sociali e a raggiungere un equilibrio emotivo e relazionale. Questo articolo analizza le principali cause, manifestazioni e possibili interventi relativi al disagio giovanile, integrando prospettive psicologiche e sociologiche.

Il contesto del disagio giovanile

Nella società moderna, i giovani affrontano pressioni crescenti derivanti dall’istruzione, dal lavoro e dalle aspettative sociali. Questi fattori, combinati con la rapida evoluzione tecnologica e i cambiamenti nei valori culturali, contribuiscono a un senso di insicurezza diffuso. La globalizzazione e i social media, in particolare, hanno creato un mondo iperconnesso che amplifica sia le opportunità sia le fonti di stress.

Secondo una ricerca dell’ISTAT (2022), circa il 25% dei giovani italiani tra i 15 e i 24 anni dichiara di sentirsi frequentemente ansioso o depresso. Questi sentimenti possono essere attribuiti a vari fattori, tra cui l’instabilità economica e l’incertezza rispetto al futuro. Inoltre, i giovani spesso sperimentano una carenza di supporto sociale, con un indebolimento delle reti familiari ed amicali.

Cause psicologiche e sociologiche del disagio giovanile

Dal punto di vista psicologico, il disagio giovanile può derivare da difficoltà nello sviluppo dell’identità, come descritto da Erikson (1968). La fase adolescenziale è cruciale per la formazione di un senso di sé, ma le crisi identitarie possono portare a confusione, bassa autostima e comportamenti disfunzionali.

Ad esempio, l’incapacità di raggiungere dei traguardi socialmente prescritti può alimentare un senso di fallimento. La pressione per ottenere risultati accademici o professionali può anche contribuire a fenomeni come il burnout. A tal proposito, recenti studi di Curran e Hill (2019) indicano un aumento del “perfezionismo patologico” tra i giovani, un tratto caratterizzato da standard irrealistici ed eccessiva autocritica.

Dal punto di vista sociologico, il disagio giovanile è influenzato dalle disuguaglianze sociali e dalla frammentazione delle istituzioni tradizionali. Secondo Bourdieu (1986), il capitale culturale e sociale gioca un ruolo determinante nell’influenzare le opportunità dei giovani. I giovani provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati hanno maggiori probabilità di sperimentare esclusione sociale e difficoltà psicologiche. Inoltre, i social media hanno trasformato il modo in cui i giovani si relazionano con sé stessi e con gli altri. Sebbene questi strumenti possano fornire un senso di appartenenza, essi sono anche una fonte di confronto incessante che genera inevitabili pressioni. La tendenza a cercare di raggiungere il sé ideale contribuisce all’aumento dell’ansia sociale e delle problematiche legate all’immagine corporea.

Manifestazioni del disagio giovanile

Il disagio giovanile può manifestarsi attraverso sintomi emotivi, comportamentali e relazionali.

Tra i sintomi emotivi, l’ansia e la depressione sono particolarmente prevalenti. Sul piano comportamentale, i giovani possono sviluppare abitudini dannose, come abuso di sostanze, autolesionismo o comportamenti a rischio. Uno studio condotto da World Health Organization del 2021 ha rilevato che circa il 10% dei giovani in Europa ha commesso gesti di autolesionismo almeno una volta nella vita.

In ambito scolastico, il disagio si manifesta spesso con calo delle prestazioni, abbandono scolastico e difficoltà di concentrazione.

Sul piano relazionale, i giovani esplicitano il loro disagio arrivando ad isolarsi o a sviluppare conflitti con coetanei e familiari. Questo isolamento può perpetuare un circolo vizioso di solitudine e ulteriore deterioramento della salute mentale.

Interventi psico-sociologici

A livello individuale, interventi psicoterapeutici come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si sono dimostrati efficaci nel trattamento dell’ansia e della depressione nei giovani. La CBT aiuta i giovani a riconoscere e modificare pensieri negativi e schemi di comportamento disfunzionali. Un ulteriore approccio promettente è la mindfulness, che aiuta i giovani a sviluppare consapevolezza e a gestire lo stress. Studi recenti di Zenner e colleghi (2014) indicano che programmi di mindfulness nelle scuole riducono significativamente i sintomi di ansia e migliorano il benessere generale.

Le famiglie svolgono un ruolo cruciale nel supportare i giovani. Una comunicazione aperta e il sostegno emotivo possono prevenire il disagio o, comunque, ridurne l’impatto. Programmi educativi per genitori, che insegnano tecniche di ascolto attivo e di gestione dei conflitti, sono utili per rafforzare le relazioni familiari.

A livello comunitario, le scuole e le organizzazioni giovanili possono offrire programmi di prevenzione e supporto. Questi includono attività di gruppo, mentorship e consulenze psicologiche. Secondo una ricerca di Ungar (2012), l’accesso a reti di supporto resilienti è uno dei fattori protettivi più importanti per i giovani.

Infine, l’implementazione di politiche pubbliche volte a migliorare l’accesso ai servizi di salute mentale, ridurre le disuguaglianze educative e promuovere l’occupazione giovanile possono contribuire a ridurre il disagio. 

In cocnlusione, il disagio giovanile è un fenomeno complesso e multidimensionale che richiede un approccio integrato. Combinando interventi psicologici, familiari, comunitari e politici, è possibile mitigare i fattori di rischio e promuovere il benessere. La collaborazione tra scuole, famiglie, istituzioni e giovani stessi è fondamentale per creare un ambiente che favorisca la resilienza e l’inclusione sociale.

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