Le trattative tra governo e sindacati sulla riforma delle pensioni si stanno rivelando più complesse del previsto, generando preoccupazione tra le organizzazioni sindacali.
Nonostante i primi due incontri svoltisi recentemente, non è ancora stata fissata una data per la terza riunione, considerata cruciale poiché dovrebbe definire le misure di flessibilità per il 2024 al fine di superare la legge Fornero e consentire l’accesso anticipato alla pensione.
Inizialmente, il piano del Governo Meloni e dei sindacati era di raggiungere un accordo entro aprile, in concomitanza con la presentazione del documento di economia e finanza (Def) alle Camere, che prevede le spese previste per il 2024. Tuttavia, le difficoltà emerse fino ad ora rendono incerto il raggiungimento dell’obiettivo.
Il rischio concreto è che le eventuali novità riguardanti la previdenza saranno limitate e temporanee, a beneficio di una platea ristretta, come discusso in precedenza.
I lavoratori che desiderano accedere alla pensione di vecchiaia prima dei 67 anni previsti dalla legge Fornero possono usufruire di diverse opzioni offerte dalle normative vigenti per ottenere anticipatamente il trattamento previdenziale.
Esistono sette strade possibili per uscire anticipatamente dal lavoro e beneficiare della pensione già nel 2023, ma ognuna richiede requisiti specifici e si rivolge a una platea di possibili beneficiari limitata.
Di seguito, analizziamo nel dettaglio le sette vie per la pensione anticipata, evidenziando le condizioni richieste per accedervi e le categorie di lavoratori che possono trarne vantaggio.
La pensione anticipata “ordinaria”
Tra le varie opportunità offerte dalle normative in vigore per ottenere l’anticipo della pensione, la prima che merita di essere menzionata è la pensione anticipata ordinaria. Si tratta di uno strumento previdenziale che esiste da molti anni e consente di accedere alla pensione in anticipo grazie ai requisiti contributivi, senza dover attendere l’età pensionabile prevista dalla legge Fornero.
Questa opzione è disponibile per tutti i lavoratori iscritti alla previdenza pubblica obbligatoria, a patto che abbiano iniziato a lavorare intorno ai vent’anni e che abbiano versato i contributi in modo continuativo. Per accedere alla pensione anticipata ordinaria è richiesto un determinato numero di anni di contributi versati, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne; questo fino al 31 dicembre 2026.
In pratica, chi raggiunge questa soglia contributiva può beneficiare della pensione anticipata ordinaria, indipendentemente dall’età anagrafica, ottenendo così un vantaggio economico e potendo godere della propria pensione prima del previsto.
Andare in pensione con la quota 103
Gli strumenti pensionistici “quota 103” e “quota 102” rappresentano delle opportunità per i lavoratori che intendono anticipare il loro pensionamento.
La “quota 103” sostituisce quest’anno la precedente “quota 102” ed è stata introdotta per agevolare il passaggio graduale dai regimi pensionistici agevolati a quelli ordinari.
Chi è iscritto alla gestione Inps e ha 62 anni di età e 41 anni di anzianità contributiva può usufruire di questa opzione. Tuttavia, fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia, il trattamento con “quota 103” non è cumulabile con alcun altro reddito da lavoro, ad eccezione di quello autonomo occasionale limitato a 5.000 euro.
L’importo massimo della pensione corrisponde a 5 volte il minimo Inps. Si stima che la platea potenziale per questa opzione sia di circa 50.000 persone.
È possibile accedere alle misure “quota 100” e “quota 102” anche dopo la maturazione dei requisiti, a patto che questi siano stati raggiunti entro una determinata data. Chi ha i requisiti richiesti dalla legge al 31 dicembre del 2021 può usufruire della “quota 100” (62 anni di età e 38 di contributi), mentre la “quota 102” (64 anni di età e 38 di contributi) sarà fruibile da chi ha maturato i requisiti al 31 dicembre del 2022.
L’ape sociale
L’ape sociale è una delle opzioni disponibili per coloro che vogliono andare in pensione anticipata. Questa possibilità è riservata esclusivamente ai lavoratori che appartengono a categorie definite come deboli, come i disoccupati, i disabili (con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%), i caregiver e i lavoratori impegnati in mansioni gravose.
Tuttavia, ci sono diversi requisiti che devono essere soddisfatti, sia dal punto di vista anagrafico che contributivo. Per accedere all’ape sociale, infatti, è necessario aver compiuto almeno 63 anni di età e aver versato tra i 30 e i 36 anni di contributi, a seconda della categoria di appartenenza.
Questa possibilità prevede un sostegno finanziario erogato dall’Inps, sotto forma di indennità, pari al massimo a tre volte l’assegno sociale. Tale indennità viene erogata fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, che attualmente è fissata a 67 anni.
Il lavoro usurante
Anche i lavoratori che svolgono attività usuranti o gravose hanno la possibilità di andare in pensione anticipata.
Questi lavoratori devono aver versato almeno 35 anni di contributi, ma l’età richiesta varia a seconda del tipo di lavoro svolto.
Ad esempio, per i dipendenti che svolgono mansioni particolarmente usuranti per almeno 78 giorni o notti in un anno, l’età richiesta è di 61 anni e 7 mesi, mentre per gli autonomi (o per coloro che versano contributi in entrambe le gestioni) che sono lavoratori notturni a turni con un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all’anno, l’età richiesta è di 64 anni e 7 mesi.
Queste norme sono state definite dal decreto legge numero 67 del 2011 e dalla legge di stabilità 2018.
In pensione con opzione donna
Il governo ha recentemente prorogato opzione donna, una misura sperimentale che consente alle lavoratrici di accedere alla pensione con requisiti ridotti rispetto all’anticipata ordinaria. Tuttavia, la nuova legge di bilancio ha introdotto alcune modifiche rispetto al passato. Adesso, è richiesto un minimo di 35 anni di contributi, ma l’età pensionabile è stata aumentata a 60 anni. Inoltre, questa età può essere ridotta di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni (quindi 59 anni con un figlio, 58 con due o più).
L’opzione donna è disponibile solo per tre categorie di lavoratrici: caregiver, invalide al 74%, e dipendenti o licenziate da aziende in crisi (in quest’ultimo caso, l’uscita anticipata è possibile a partire dai 58 anni di età, indipendentemente dal numero dei figli).
I lavoratori precoci
Esiste un’altra opzione per i lavoratori che desiderano uscire anticipatamente dal lavoro, ovvero la pensione anticipata per i cosiddetti “lavoratori precoci“. In questo caso, è possibile andare in pensione a qualsiasi età, a condizione di aver versato 41 anni di contributi, di cui almeno uno prima dei 19 anni di età. Tuttavia, l’accesso alla cosiddetta “quota 41” richiede anche altri requisiti.
In particolare, bisogna trovarsi in una delle seguenti quattro situazioni: essere disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale; assistere e convivere da almeno sei mesi con il coniuge o un parente con handicap; avere una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%; o svolgere attività considerate usuranti o gravose.
L’Isopensione o Assegno di esodo
Esiste un’altra possibile via d’uscita anticipata dal lavoro, chiamata isopensione o “assegno di esodo”, che è stata introdotta nel 2012 dalla legge Fornero.
Questa opzione è riservata ai lavoratori delle grandi aziende con più di 15 dipendenti che hanno personale in eccedenza. L’isopensione consente alle aziende di siglare accordi con le organizzazioni sindacali per incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani. Tuttavia, l’azienda può usufruirne solo se mancano pochi anni – non più di 7 – per raggiungere i requisiti minimi per la pensione ordinaria.
La misura è stata prorogata dal decreto milleproroghe fino al 30 novembre 2026.
L’isopensione è stata estesa da 4 a 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro, ampliando così la platea di lavoratori interessati.
L’isopensione rappresenta un’onere per i datori di lavoro, che devono versare all’Inps sia le somme per l’assegno sostitutivo della pensione, sia la contribuzione correlata. Durante il periodo dell’isopensione, il lavoratore riceve un assegno sostitutivo fino alla maturazione dei requisiti minimi per la pensione. L’accordo siglato con i sindacati deve essere validato dall’Inps, che valuta i requisiti contributivi del dipendente e la dimensione dell’azienda. All’impresa viene richiesta anche una fidejussione a garanzia della sua solvibilità.
L’assegno dell’isopensione che riceve il lavoratore è pari all’importo del trattamento che gli spetterebbe secondo le regole vigenti, in base alla contribuzione versata al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, l’assegno di esodo non gode della perequazione automatica all’indice Istat e non permette trattenute come nel caso di riscatti e ricongiunzioni o per la cessione del quinto.
Inoltre, l’isopensione non viene trasformata automaticamente in pensione: il lavoratore ha infatti l’onere di presentare in tempo utile la domanda di pensione all’istituto di previdenza.