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L’ansia da prestazione nello sport

ansia da prestazione

L’ansia è una condizione che accomuna tutti gli esseri umani, indipendentemente dall’età, al genere, dalla nazionalità o dalla classe sociale. L’ansia riguarda, perciò, tutto l’ambito dell’agire (studio, lavoro, sport ecc.). In particolare, nell’ambito sportivo, si configura come un’eccessiva preoccupazione per i risultati, collegata con l’evento agonistico: la cosiddetta “ansia da prestazione”.

Nella prospettiva di un rilancio dell’attività sportiva giovanile, si rende necessario avviare un’operazione culturale a tutti i livelli, tesa valorizzare proprio gli elementi fondanti dello sport, compresi quelli spesso sono ignorati dagli addetti ai lavori, dai mass-media, dagli organi di informazione e dalla stessa stampa specializzata, che riguardano la capacità di gestire, in modo equilibrato, le emozioni di chi pratica qualsiasi attività sportiva.

Combattere l’ansia da prestazione con la consapevolezza

Parlare di sport significa, generalmente, parlare di risultati, di tecnica, di tattica, di gare. Il campo d’intervento si limita alla fisicità dell’evento. Molta meno attenzione è dedicata all’ansia che accompagna la prestazione -fatta eccezione per gli atleti di alta qualificazione, costantemente supportati da interventi mirati in campo psicologico.

In realtà, avviare un discorso di approfondimento dell’aspetto pedagogico e didattico dello sport giovanile vuol dire, anche e soprattutto, parlare del modo con cui gli atleti vivono e/o dovrebbero vivere la loro esperienza sportiva.

L’interesse, nel caso di questo tema, è centrato su quest’ultimo aspetto, in cui entrano in ballo processi cognitivi, motivazionali, emotivi. Processi determinanti per il successo di una prova, per la realizzazione di una performance ottimale e, soprattutto, per l’equilibrio emotivo dei protagonisti.

In questa prospettiva, gli atleti, e in particolare i giovani che si avvicinano allo sport, devono essere educati per diventare consapevoli:


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Ansia da prestazione: aspetti vitalizzanti (eustress) e  aspetti limitanti (distress)

Per rimanere su quest’ultimo argomento, che riguarda il controllo e la gestione, da parte degli atleti, del proprio ”termostato emotivo”, vorrei focalizzare l’attenzione proprio sulla intensità emotiva collegata all’esperienza di gara (ansia da prestazione), che si configura come una vera e propria forma di stress.

Lo stress (dal latino strictus = serrato, complesso; in inglese pressione, tensione) è un processo naturale che accompagna l’essere umano per tutta la sua esistenza, nello studio, nel lavoro, nello sport, nei rapporti interpersonali, ecc.

Esso rappresenta uno stimolo necessario, finalizzato dalla ricerca di un migliore adattamento possibile dell’organismo alle continue stimolazioni e alle pressioni che provengono dall’ambiente.

In caso di stress, l’organismo reagisce secernendo alcuni ormoni:

La letteratura scientifica si è interessata di questo problema, approfondendo sia gli aspetti fisiologici e vitalizzanti che lo stress comporta (stress positivo) che gli aspetti limitanti, a livello patologico (stress negativo).

Il fisiologo HANS SEYLE (1907-1982) fu il primo ad identificare le due diverse tipologie di stress, definendole eustress (stress positivo) e distress (stress negativo).

Eustress

L’eustress (dal greco “eu” = bello e buono) è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo (es. risultato sportivo). L’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali, che lo spingono ad adattarsi alla situazione e lo aiutano ad affrontare l’esperienza della gara.

L’eustress, quindi, si ha quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale.

Esso è assimilabile all’ansia di prestazione (prestart) ma rappresenta un supplemento energetico, capace di mettere l’individuo nella condizione di realizzare la sua massima potenzialità. Questo tipo di stress, che comporta un equilibrio tra preparazione tecnica e preparazione mentale, fa sentire l’esperienza sportiva come una sfida viva ed eccitante, che l’atleta affronta con motivazione ed entusiasmo.

Nello sport, in particolare, le emozioni positive sono quelle che agevolano il raggiungimento delle migliori performances.

Distress

Il distress (dal greco “dis” = cattivo, morboso), al contrario, rappresenta lo stress negativo che si presenta quando gli stimoli stressanti, capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche. Questo si traduce in una risposta patologica alla gara.

Si evidenziano, cioè, situazioni in cui le condizioni dell’alto livello di ansia permangono anche in assenza di eventi stressanti (come la gara). Oppure può accadere che l’organismo reagisca a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata.

In pratica, l’eccessiva attivazione produce una situazione penosa di sofferenza che, in questo caso, è vissuta come una minaccia e come senso di inadeguatezza personale a fronteggiare una prova. Ripetuto nel tempo, questo può generare un sentimento di disistima di sé, con un conseguente impoverimento della motivazione.

Educare allo sport, dunque, significa educare con lo sport, educare alle emozioni vitalizzanti che l’eustress provoca. Significa, in definitiva, creare un ambiente psicologico favorevole e stimolante, in cui l’allievo-atleta possa riconoscersi e realizzare le personali potenzialità.

Nei corsi di aggiornamento per istruttori e allenatori sportivi, questa tematica deve essere alla base di ogni percorso formativo, avendo come coordinata di riferimento il principio fondamentale che al centro di ogni attività didattica non c’è lo sport, né l’allenatore, né il dirigente, ma l’allievo che apprende.

Di conseguenza, bisognerà far loro capire che lo sport ha senso e significato se si configura come un servizio educativo a favore della persona e non il contrario. Vale a dire, come un mezzo e non come un fine da perseguire a tutti i costi.

Come nota finale appare particolarmente appropriata la riflessione che vorrei rivolgere agli istruttori, agli allenatori e ai dirigenti: è bene ricordarsi che i giovani allievi, alla fine della loro carriera agonistica, forse non ricorderanno tutti gli eventi agonistici che hanno vissuto o i particolari dei vari gesti tecnici che hanno appreso, ma ricorderanno certamente come li avete fatti sentire.

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