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Ambizione: Il legame con il successo e le emozioni

Ambizione: Il legame con il successo e le emozioni

“La prenderò con le pinze l’etimologia di questa parola che oggi fa tanta paura perché sul divano di casa si sta comodi”. (Andrea Marcolongo)

Ambizione è una parola che sembra avere un significato scontato, se non si cerca di andare oltre e scoprire, ricercando ciò che veramente racchiude il vocabolo “ambizione”; certamente molto familiare e diffuso soprattutto per la sua accezione non propriamente positiva, ma in realtà tutto non è come sembra o come è diffuso tra i più.

Andrea Marcolongo, laureata in Lettere Classiche, autrice di La lingua geniale, nel suo libro Alla fonte delle parole – Andrea Marcolongo | Oscar Mondadori, attraverso parole molto chiare, spiega l’etimologia del verbo Ambire: dal verbo latino ire “andare” e il prefisso amb– che unitamente danno vita a “girare intorno”, ovvero avere la consapevolezza di chi si è e di chi desideriamo accanto, in particolar modo cosa riteniamo giusto tenere lontano da noi.

Citando testuali parole dell’autrice: “Capire chi sono coloro con cui vogliamo condividere la vita, o solo una sua parte, un percorso di strada verso il meglio-e coloro con cui non vogliamo avere nulla a che fare”.

Ambizione, dunque, sinonimo di una qualità di vita migliore, in continua evoluzione e in divenire, in ascolto e in apprendimento. Le ambizioni si scoprono col tempo, insieme alle passioni, e si coltivano in una condizione di assoluta positività, obiettivi sani che sappiano costruire la nostra personalità senza dover includere, necessariamente, dei passi in avanti all’insegna di atteggiamenti “arrivisti”.

Andrea Marcolongo, infatti, nel succiato suo testo, utilizza la locuzione “scalatore sociale” proprio per sottolineare come il concetto di “ambizione” sia stato puntualmente travisato e investito di totale negatività, complice il sempre più marcato ed evidente desiderio di successo; l’ossessione dell’”essere al primo posto” che contraddistingue il contesto sociale attuale con tutte le complesse e spiacevoli conseguenze in atto, meglio conosciute come dipendenze.

LA SFIDA EMOTIVA DEL “PRIMO POSTO” A TUTTI I COSTI: QUALI CONSEGUENZE?

Pellai intitola il quinto capitolo del suo libro Allenare alla vita – Alberto Pellai | Libri Mondadori Non è sempre necessario essere il numero uno, esprimendo chiaramente un dato che ultimamente è acclarato e allarmante: la corsa ad emergere per apparire, per affermare “sono qualcuno”, ma praticamente poi si deficita nella sostanza.

Narcisismo e individualismo dirompenti ed evidenti dall’utilizzo maniacale e ossessivo dei social UN PASSO AVANTI NELLA TUTELA DEI DIRITTI DEI MINORI sono un riflesso della superficialità diffusa, ma soprattutto del dare sempre “[..]più valore al traguardo che al percorso”, citando il nostro autore. Pellai riporta nelle sue pagine l’esempio di un campione di tennis, assai noto in questi ultimi anni, per porre un forte accento sul percorso piuttosto che sul traguardo: Jannik Sinner. In un suo discorso, durante la premiazione degli Australian Open, Sinner ha riconosciuto un grande merito ai suoi genitori: quello di averlo lasciato libero di “sbagliare”, di crearsi e scegliersi il suo percorso, ribaltando quanto tracciato fino ad un momento prima; a 13 anni un piccolo sciatore in ascesa, poi lo stop e l’inizio della passione per il tennis.

Ricominciando tutto da capo, senza abbattersi davanti alle difficoltà e alla fatica di mettere in discussione quanto ottenuto.

Scrive Pellai, a proposito dei genitori del Terzo Millennio: “Li vogliamo in prima fila al saggio di danza, del coro, del laboratorio musicale, stiamo ad applaudirli quando giocano a minibasket contro una squadra di bambini di pari età e magari sbraitiamo contro l’arbitro che non ha visto un fallo… E poi? Poi, improvvisamente, ci accorgiamo che tutto questo allenarli, prepararli, addestrarli non si traduce in un reale saper essere con cui sanno stare al volante della propria esistenza”.

Conquistare i propri traguardi, piccoli o grandi che siano, sottintende necessariamente “cadere” e fare errori, fin da piccoli, Il valore dell’errore – Diventa Assistente Infanzia, senza per questo sentirsi sbagliati, incontrare sfide quotidiane, sopportare frustrazioni; affrontare sforzi per poi riuscire a costruire una salda struttura interiore, una autentica personalità, fatta di conoscenze e successivamente di competenze, tornando al concetto di ambizione.

 UN CERVELLO CHE SI “CURA” CON LE DIPENDENZE

L’”ansia da prestazione”, l’”ideologia della performance” sempre al massimo mai in discesa, mai “secondi”, non aiuta affatto, anzi, distrugge la propria identità e conduce a stati emotivi depressivi L’accettazione della depressione: alla scoperta della DBT, di frustrazione mal tollerata e di annullamento identitario. Come conseguenza, lo sviluppo di dipendenze di ogni genere.

Daniel Goleman, famoso psicologo statunitense, si è occupato di neurologia e scienze comportamentali collaborando con il New York Times, nel suo libro Intelligenza emotiva – Daniel Goleman – eBook – Mondadori Store dedica una parte proprio alle dipendenze, nella fattispecie droga e alcol, spiegando come quest’ultime siano una “automedicazione” per chi ne fa uso.

Intitola, infatti, uno dei suoi paragrafi: Alcol e droghe: la dipendenza come automedicazione. Afferma Goleman, a tal proposito: “Una teoria scientifica corrente è che a contrarre l’abitudine, diventando sempre più dipendenti dall’alcol e la dalla droga, sono coloro che fanno uso di queste sostanze come una sorta di medicinale-un modo per placare sentimenti di ansia, rabbia o depressione”.  L’ autore continua aggiungendo anche la noia e la monotonia come fattori scatenanti, insieme ad una forte impulsività e agitazione. Attraverso le droghe o l’alcol tutto si placa, ma è una sensazione temporanea che pian piano diventa dipendenza da continui stimoli piacevoli che distraggono da disagi e dolori con cui si fatica a convivere.

Anna Lembke, autrice del libro L’Era della Dopamina – Anna Lembke – Libro,   docente di Psichiatria, approfondisce scientificamente la dinamica che innesca le dipendenze, affermando che più si desidera costantemente il “piacere” evitando di affrontare il dolore, più quest’ultimo non passa, anzi, viene tollerato sempre meno dai nostri circuiti neurali: si abbassa la soglia del dolore e aumenta, in maniera sproporzionata, quella del piacere; innescando così un circolo vizioso fondato sulla ricerca ossessiva del provare e avere “ quel di più”, mai abbastanza.